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All'Istituto 'Nicola Sole' una giornata dedicata alla legalità con i carabinieri di Senise

17/03/2025

Lo scorso 12 marzo i rappresentanti delle forze dell’ordine della Città di Senise sono venuti nella mia scuola. Guidati dal Capitano della Compagnia dei carabinieri Luca Gasparri, hanno intrapreso non una lezione ma un dialogo con noi ragazzi che frequentiamo la Scuola Secondaria di primo grado, sul tema particolare ed estremamente attuale della legalità.
Con il termine legalità si intende per tutti, uomini, donne, bambini, adolescenti, anziani, il pieno rispetto delle regole, che sono il vero strumento del popolo. Il principio di legalità è fortemente radicato nel nostro ordinamento giuridico: tutti sono uguali di fronte alla legge. Come sosteneva il 26° Presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, “nessuno è al di sopra della legge, e nessuno al di sotto di essa”. Come ha sottolineato il Capitano, anche quando la legge appare ingiusta e iniqua, il nostro dovere è rispettarla.
Il mio pensiero è immediatamente andato agli uomini che si sono battuti per la legalità, quelli che dinnanzi all’illegalità non hanno piegato la testa o si sono girati dall’altra parte. Al contrario, hanno alzato la propria voce, non hanno avuto paura nemmeno della morte, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sappiamo tutti com’è andata a finire, ma la loro lotta contro un sistema complesso come quello mafioso è incisa nella memoria di molti, perché ci hanno insegnato che “chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola” e che gli uomini possono non esserci più, ma le idee camminano sulle gambe di chi rimane. Tanto è successo in passato e succede tutt’oggi, sperando che l’esperienza del passato aiuti i giovani a non commettere gli stessi errori.
Andando avanti, sono molti i giovanissimi artefici di reati, ma l’articolo 97 del codice penale sancisce che “Non è imputabile chi nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni”, quindi a risponderne sono i genitori, responsabili della crescita del ragazzo. Fin da quest’età siamo artefici del nostro destino, dell’oggi e del domani. Fin da quest’età siamo chiamati a scegliere tra il cammino del bene e il sentiero del male. E molti, purtroppo, scelgono il male, non trovando, talvolta, la forza di ritrovare la via di casa. Circa il 23% degli studenti adolescenti ha consumato negli anni precedenti, in Italia, almeno una sostanza illegale. Si inizia sempre per gioco, sempre per curiosità e poi ci si ritrova intrappolati in un labirinto senza alcuna via di uscita. Ciò che sembra farti stare bene ed euforico è tutto tranne che il paradiso, è il fuoco dell’inferno che in pochi riescono a spegnere davvero.
I rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri hanno ascoltato le domande di noi ragazzi e hanno fornito esaustive risposte. Abbiamo affrontato un dibattito anche su alcuni temi fondamentali, quali il bullismo, il cyberbullismo, l’uso spropositato dei social e la violenza di genere.
Lo dice una ragazza di 13 anni: è raro vedere un ragazzo correre su un prato verde sotto un meraviglioso cielo azzurro. Oramai non si vedono né l’erba, né i fiori, né il cielo. Oramai si ha lo sguardo puntato verso il basso, su un telefono. I ragazzi si perdono nel mare digitale, mentre fuori li aspetta un oceano di avventure da vivere.
“Prima era tutto più semplice”, sostiene il Capitano. È vero. Cerco di immaginarlo un mondo diverso, più semplice, in cui si hanno le ali e si usano per volare. Ma un ragazzo si nasconde dietro a uno schermo per timore di affrontare il mondo. Le parole possono aprirti la porta del cuore, o possono chiuderla per sempre. E queste parole vengono trasmesse attraverso uno schermo che non è altro che una barriera. Una barriera che, però, non filtra insulti, soprusi, violenze. I ragazzi piangono dietro uno schermo, e non trovano nessuno disposto a dar loro un fazzoletto per asciugarsi le lacrime, non trovano alcuna stella in un cielo nero. Ogni volta che si guardano allo specchio possono sentire ancora quelle parole crudeli. La vittima si nasconde dietro un sorriso, cercando di sembrare forte, mentre dentro sente di essere in frantumi. È perché ha paura. Ed è questa paura di essere quello che gli altri pensano, la paura delle proprie immagini diventate di dominio pubblico che porta a concepire come unica soluzione quella di lasciarsi precipitare nel vuoto, non riuscendo più a vedere la luce del sole. Ad un certo punto non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza. E sono oltre un milione i ragazzi della mia età che, non trovando via di uscita, sono arrivati a compiere un gesto estremo.
È vero che "Le parole sono come vasi in bilico su un balcone: se cadono e tu sei svelto, li eviti e vai per la tua strada. Ma se non riesci, ti schiacciano". Allora io mi chiedo… come si può evitare tutto questo? Come si può far capire alle vittime che uno spiraglio di luce esiste sempre anche nelle tenebre più oscure? Come si può far loro capire che, cavolo, la vita è bella nonostante le occhiate, le coltellate alle spalle da parte della gente? “Non tenetevi tutto dentro”. Se solo ci fosse più empatia, se solo riuscissimo a guardare l'altro con gli occhi del cuore, se solo ritagliassimo un attimo del nostro tempo per ascoltare l’altro e donargli anche solo un sorriso, e a non giudicare, senza sapere, forse potremmo evitare che continui a soffrire in silenzio.
Perché ogni persona merita rispetto, merita di essere ascoltata, merita di esistere senza paura.
E ogni donna deve capire che “l’amore non ti colpisce in faccia, mai”. Ogni donna deve essere rispettata, alla pari di ogni uomo. Come diceva il grande William Shakespeare: “Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subìto, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi, Signori, davanti a una DONNA”.
Giungo allora alla conclusione. Cosa mi ha insegnato tutto questo?
L'incontro sulla legalità mi ha insegnato che la giustizia non è solo una parola, ma una responsabilità che ci riguarda tutti. Ho visto negli occhi dei carabinieri non solo l'autorità, ma anche il peso di un impegno che non si ferma mai. Ogni giorno, ogni ora, loro sono lì a difendere non solo le leggi, ma anche la dignità di chi spesso non ha voce. Mi hanno insegnato che la legalità è un gesto di amore verso chi ci circonda. La legge non è solo una barriera contro il male, è un abbraccio che ci protegge, che ci aiuta a crescere insieme.
E la giustizia non è automatica: bisogna costruirla ogni giorno. Ogni piccola azione, ogni scelta onesta, è un tassello che può cambiare il corso di una vita. Perché, in fondo, la legalità è il più grande atto di amore verso la nostra comunità, un amore che non ha paura di affrontare le difficoltà, ma che sogna un domani più giusto e più bello.

Antonella Anna Martinese
III A Secondaria di I grado
Istituto Comprensivo “Nicola Sole” Senise



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