Pensavamo di essere liberi. Eravamo convinti che la libertà, da sola, potesse toglierci le castagne dal fuoco dei grandi problemi della nostra epoca, il riscaldamento globale, l’inquinamento, le disuguaglianze, il sovraffollamento del pianeta. Libertà, senza alcuna forma di responsabilità. Ci sentivamo onnipotenti.
«È il 14 febbraio del 2020. Suona il campanello. Rosa apre la porta. Si trova
davanti un mazzo di rose rosse e dei Baci perugina. Mario è bello, sorridente.
Rosa si sente una ragazzina al suo primo amore. Passa una settimana. Rosa ha
la febbre…»
Fu così che arrivò la tempesta.
E ci trovò tutti con il naso all’insù. Eravamo talmente allucinati
dai boschi verticali, che ci eravamo dimenticati di quelli orizzontali, degli uomini e delle
vigne, delle foreste, dei fiumi, della natura, della tutela della salute.
Non eravamo educati, non eravamo pronti.
Abbiamo fatto i conti con la paura, la solitudine, il dolore, la rabbia,
la lontananza, i rimpianti, la vergogna, l’incertezza.
Abbiamo riscoperto il vero amore, la forza invincibile della famiglia,
il valore della solidarietà, il dolce gusto della gratitudine.
Ci siamo piegati, abbiamo pianto, non ci siamo spezzati.
E siamo ancora qui, come prima, più di prima.
CARMELO ABBATE
Per vent’anni ho lavorato a Panorama. Facevo l’inviato, amavo la cronaca, quella dura,
di strada, perché mi permetteva di calarmi dentro le realtà sociali.
Ho conosciuto persone, ho condiviso esperienze, sono cresciuto.
Ho cambiato vita.
Ho creato Storie degli Altri perché credo negli esseri umani.
Perché voglio essere strumento nelle mani di chi non ha voce, di chi si sente ignorato,
abbandonato. E più vado avanti, più mi rendo conto che il mondo non fa schifo, il
mondo è bello |