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L’Italia e la Basilicata turistica nel guado del Covid-19

8/04/2020

Il turismo, in Basilicata, in Italia e nel mondo, è in un momento di stasi pressoché totale. Una situazione che ci ha colti tutti impreparati perché totalmente inattesa e inedita: dopo la sorpresa e lo sgomento iniziali, gli operatori stanno cercando di reagire nelle condizioni surreali di quasi-eremiti, dividendosi tra videoconferenze, webinar, smart working. Lavoriamo come se gli unici organi rimasti attivi fossero gli occhi, il cervello e la bocca: possiamo osservare, pensare, parlare. Con la fine di marzo iniziano ad emergere le prime stime del disastro: 18 miliardi di fatturato in meno in Italia nel 2020 secondo Demoskopika; 10,5 milioni di viaggiatori in meno per il CST di Firenze; ritorno alla normalità da maggio secondo i più ottimisti; inizio della ripresa dalla stagione estiva o da settembre secondo altri, o dal 2021... La verità è che siamo disorientati ed è normale che sia così, trattandosi di una situazione del tutto inedita i cui effetti solo in parte, come si è detto spesso, assomigliano a quelli di una guerra. Non abbiamo dati storici su cui basare i modelli di analisi, e quindi le previsioni che possiamo fare sono tutte estremamente aleatorie. I trend sono azzerati e non sappiamo quando ripartirà il mercato, quando (e in che condizioni) si sbloccheranno le aree di domanda potenziale, nè tantomeno sappiamo in che condizioni troveremo, all’uscita dal lockdown, quell’organismo che è il prodotto turistico territoriale interno con il suo sistema dell’offerta. Il mondo intero è stato compartimentato, così come l’Italia e le sue regioni, e dopo la fine di questa situazione irreale si entrerà in un momento in cui i diversi sistemi socioeconomici inizieranno lentamente a ripartire sia in termini di offerta che in termini di domanda; tuttavia è impossibile predire quando, dove e in che misura. Nel recuperare i danni subiti ci toccherà attraversare un periodo di moto turbolento e il turismo entrerà in una fase simile a quella di un aereo la cui traiettoria e stabilità dipendono dalla bravura del pilota. Prima di tornare a una situazione di stabile fluidità ci vorrà tempo, e questo tempo sarà più breve per i territori (i) con un’offerta differenziata e dinamica, (ii) con maggiore propensione all’innovazione, adattamento e resilienza del prodotto, (iii) con una maggiore capacità di individuazione (e penetrazione) nei mercati a domanda di rapido innesco. È fondamentale intervenire oggi per salvare il tessuto produttivo e il prodotto turistico. Oggi più che in passato, ad essere prioritaria non è la risorsa (il patrimonio storico, ad esempio) ma il prodotto nella sua interezza, ovvero l’insieme di cose che rendono fruibile il patrimonio, consentendo di creare benessere e ricchezza. Ed è fondamentale sintonizzare le strategie di marketing alla variabilità del momento, in modo adattivo, lavorando con competenza all’anticipazione di quello che avverrà nei mercati. Da un lato, è necessario un ripiegamento sui “fondamentali”: ridefinire prodotto, prezzo, placement e promozione. Dall’altro, è necessario innovare per venire incontro al cambiamento in atto.

Come muoversi, stando fermi
Bisogna tener vivo il sistema dell’offerta, quindi, anche e soprattutto nelle regioni come la Basilicata dove è forte la presenza di imprese piccole, spesso giovani ed esposte, e dove l’offerta, pur se di qualità, è maggiormente frammentata. È quello che si sta cercando di fare con gli strumenti nazionali di sostegno all’economia. Tuttavia sarebbe auspicabile un’attenzione specifica per i settori del turismo e della cultura, che insieme hanno un effetto moltiplicatore straordinario sull’economia nazionale, sia in modo diretto che con l’indotto e con l’effetto di trascinamento che insieme possono avere in un momento in cui identità e fiducia sono fattori chiave per far ripartire la nazione. Le Regioni, in primis la Basilicata sotto la guida del Presidente Bardi, stanno mettendo in campo strumenti diversificati, introducendo flessibilità e deroghe nelle operazioni di investimento cofinanziate dal pubblico. Come era normale che fosse, sono strumenti di rapido avvio soprattutto orientati al sostegno e protezione degli investimenti in corso. Una seconda famiglia di misure dovrà invece essere organica a progetti strategici di tenuta, innovazione e rilancio del settore.
Sul piano del marketing, nel momento attuale vanno tenuti vivi i canali di comunicazione del prodotto, ed è quello che come APT Basilicata stiamo facendo, senza comunicazioni falsamente rassicuranti visto che siamo ancora nella fase acuta dell’emergenza, ma cercando di veicolare messaggi positivi e continui, in costante sintonia e raccordo con ENIT. Una delle scelte che abbiamo adottato da subito, ad esempio, è stata riproporre al pubblico dei canali social il nostro materiale editoriale. I numeri ci confermano che questa scelta è stata apprezzata, e in particolare sono stati richiesti i prodotti destinati al pubblico minore, che incontrano evidentemente anche una necessità contingente delle famiglie chiuse nelle mura domestiche. È anche il momento di aggiornare i contenuti di alcuni prodotti editoriali e di comunicazione, così come di progettarne di nuovi ridefinendo target e destinatari. Al tempo stesso, stiamo operando per una nuova fase in cui comunicare la nostra capacità di resilienza (parola spesso abusata, ma di necessaria attualità) e prepararci alla riapertura dei mercati.
Altra “operazione in corso” riguarda l’osservazione attenta e costante di ciò che accade altrove, sia dove sono più avanti di noi nell’affrontare l’emergenza e magari ne sono già usciti, come in Cina o in Corea del Sud, sia dove sono più in ritardo, penso in particolare ai nostri principali mercati esteri, che quindi subiranno uno sfasamento in avanti anche del recupero di condizioni di normalità e quindi di propensione al viaggio. Per quanto riguarda i primi, è utile vedere come la paura sociale e la necessità di contenere il rischio di recrudescenze dell’epidemia stanno trasformando i modi di vivere e di fruire i luoghi pubblici e della filiera del turismo. Misure di distanziamento sociale, riduzione del numero di visitatori in attrattori un tempo congestionati, sistemi di controllo biometrici agli ingressi di intere aree urbane, sono solo alcuni degli accorgimenti che da qui possiamo osservare per immaginare un prodotto territoriale rinnovato in un’ottica “covid-free”: un prodotto potenzialmente attrattivo rispetto a un nuovo criterio di scelta del viaggiatore, e quindi un fattore competitivo cruciale per i territori turistici in un periodo storico che senz’altro rimarrà traumatizzato dalla violenza della pandemia. Quasi certamente saremo tenuti a ri-progettare i nostri siti turistici (e la loro comunicazione) in modo da poter accogliere volumi minori di ospiti, per aree turistiche meno affollate e magari per segmenti di domanda a maggiore valore aggiunto e redditività, soprattutto se ci preoccupiamo di voler mantenere in piedi in modo soddisfacente anche l’indotto. Guardare ai Paesi in ritardo rispetto a noi ci permette invece di fare delle previsioni (per quanto non attendibili) sul come e quando ripartirà il sistema. Oggi è difficile se non impossibile dirlo. Tra le poche certezze c’è che il 2020 sarà dedicato a un turismo domestico e di prossimità, in Basilicata come nelle altre destinazioni italiane. Il sistema del trasporto aereo avrà una ripresa lenta, strettamente connessa alla ripresa della domanda, alla riapertura degli aeroporti, alla riattivazione dei voli da parte di compagnie anch’esse oggi in terribile sofferenza. Lo stesso trasporto pubblico domestico dovrà essere ripensato, come peraltro già si sta facendo con il dimezzamento dei posti venduti nelle carrozze dei treni, con l’obiettivo di mantenere il distanziamento sociale soprattutto in luoghi chiusi come i mezzi di trasporto.

Cosa ci aspetta al di là del guado
Sono modifiche a cui ci dovremo abituare nostro malgrado, così come ci siamo dovuti abituare ai controlli di sicurezza nelle aree aeroportuali dopo la tragedia dell’11 settembre. D’altra parte secondo molti commentatori è una crisi epocale che coinvolge nel profondo la civiltà dell’uomo. Sono interrotte le cerimonie di commiato dai defunti, la Chiesa ha interrotto i sacramenti, è sospeso il trattato di Schengen... l’uomo vive una dimensione drasticamente ridimensionata e compressa del suo essere “animale sociale”, dimensione che si manifesta attraverso le finestre e i balconi delle case, e grazie alla tecnologia. E questo è un altro elemento che ci deve far riflettere. Se fino a ieri la tecnologia ci consentiva di fruire di servizi “aggiuntivi” in quella che veniva definita realtà “aumentata”, paradossalmente oggi ci aiuta a fruire di servizi essenziali in una condizione di realtà “ridotta”. Nel nome del principio supremo del diritto alla salute, garantito da quello che ci dice la scienza, altri diritti sono compressi o addirittura sospesi, con buona pace di religioni, leggi, superstizioni, abitudini... E in questo iato della civiltà dell’uomo, vediamo come stanno reagendo le diverse culture nazionali. In Cina emerge forte e immanente la presenza dello Stato e della cultura del controllo; in Corea del Sud hanno spinto al massimo le possibilità offerte dalla tecnologia sollevando, agli occhi dell’Occidente, forti interrogativi sul rispetto della privacy individuale di fronte alle necessità collettive; nel mondo anglosassone ha prevalso, nella prima fase, una politica del laissez-faire e della tutela dell’economia; in Italia stiamo cercando di comporre in un equilibrio difficilissimo i diritti individuali e la convivenza civile, con luci e ombre, queste ultime attenuate dalla straordinarietà della situazione e dall’essere stati i primi colpiti in Europa, quindi senza esempi diretti da cui poter imparare a gestire l’emergenza. Agli occhi del mondo, dopo una drammatica sensazione di isolamento, l’Italia e gli italiani dal loro esilio hanno mostrato con disarmante naturalezza cosa incarna il nostro comune DNA. Il culto della bellezza, la creatività e la cultura sono stati ciò che ci ha tenuto insieme in mille forme spontanee, destando un orgoglio di appartenenza e di coesione che mai prima d’ora si era percepito così tangibile. Mai come in questo momento di separazione forzata e di sospensione di alcuni elementi fondamentali della libertà civile, la cultura ha mostrato di essere il collante primario e fondamentale di un popolo. Su Facebook, Instagram, nei gruppi whatsapp, in tutti quei canali che fanno da surrogato al nostro necessario bisogno di socialità, noi italiani abbiamo condiviso musica, poesie, immagini del nostro patrimonio storico artistico, finanche foto di torte e teglie che abbiamo il tempo di preparare in casa ... come se stessimo manifestando tra noi gli elementi che sostanziano il nostro stare insieme come popolo. E ci siamo inorgogliti della conversione “sanitaria” della produzione dei grandi del Made in Italy, da Armani a Ferrari e Luxottica, per citarne solo alcuni tra i tanti che hanno abbracciato l’impegno nazionale per produrre mascherine, camici, respiratori, macchine.
Se il disfattismo, la sfiducia e qualche sintomo di sciacallaggio che cominciano purtroppo a emergere non prenderanno il sopravvento, dopo il guado della palude è proprio dalla nostra identità e dalla nostra cultura che dovremo ripartire: l’Italia oggi come nel ‘500 può essere il faro dell’Occidente. In Europa, dove è vitale rimanere ed essere protagonisti, e nel mondo, che ci osserva e ci ammira oggi più che mai. Attilio Brilli, nel suo recente libro “Gli ultimi viaggiatori nell’Italia del Novecento” (Il Mulino, 2018), ci mostra come i corrispondenti esteri descrivevano l’Italia post bellica: un paese in grado di affrontare il futuro con forza morale, senso del sacrificio e straordinaria energia, grazie a un “innato senso del bello” e a una “pervasiva memoria dell’antico”. Toccherà a noi per primi essere viaggiatori in Italia, e come scrisse Gadda Conti nel 1947, “conoscere il nostro paese è il miglior modo di amarlo [...]. Sta in noi, nella forza del nostro carattere e delle nostre risorse interiori, di far nascere il bene dal male e di uscire da questa prova con dignità”. Ne usciremo e torneremo a viaggiare, cominciando dal Bel Paese e dalla Basilicata, nei suoi paesaggi vasti, nei suoi boschi e sul suo mare, attraverso borghi dalle tradizioni autentiche e dalla cultura antica.


di Antonio Nicoletti*
(*Direttore Generale Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata)



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