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El lagarto viejo ( la lucertola vecchia)

7/10/2012

Oggi un malato si trova disteso sul sudario della storia. Anelando, anela ad una presa di aria, ad una manciata di luce ma nulla intorno può offrirgli un conforto, asciugargli la fronte imperlata, portargli alle labbra secche un farmaco che lo salvi, un liquido che ristori la gola arsa. Quel malato è la nostra terra, “Lucania” come ci piace chiamarla, col suo nome antico. Rinsecchita per la fame, mutilata di tanti suoi figli, privata delle proprie risorse, resa cieca e muta dalla mancanza di libertà, piegata nella propria dignità. Distesa sul letto di morte giace immobile mentre creature infernali ne succhiano il sangue rigonfiandosi di umori, volando a stormi intorno alla preda, posandosi su quelle membra esangui con voluttà bestiale, con assassina ferocia. La sua gola candida (Palazzi mirabili di pietra e cemento) è assediata, insidiata, svenata ogni giorno da ogni specie di parassiti capaci di sottrarre vita ad un essere che ancora respira. Oggi giace esangue dopo essere stata costretta in schiavitù, vestita come una baldracca e posta tra le colonne del mercato alla mercé del migliore acquirente. Povera la nostra terra, madre dei nostri avi, amorevole nutrice dei nostri sogni. Tenera “creatura” che ci ha cullati nel suo grembo, sfamati col suo seno delicato: chi di noi non serba nella propria memoria il ricordo dei frutti con cui essa imbandiva la tavola? Eppure eccola li, inerme sotto il peso dei demoni. Nulla può offrire ai suoi figli perché tutto le viene succhiato. Oggi, fratelli, è il giorno del pianto per chi si guarda intorno ma arriverà il giorno del coraggio quando al telefono una voce insidierà: c’è un lavoro per tuo figlio, c’è un posto per questo e per quell’altro. Pronta per te una raccomandazione: accetta e non pensare ad altro; se sarai con “noi” non avrai di che preoccuparti. Chi ha ucciso la nostra madre (terra) vuole oggi, prima delle elezioni, sfamarci con un tozzo di pane; vuole che torniamo a bussare alla sua porta tutti i giorni per non morire di stenti; vuole che un popolo nobile resti genuflesso al cospetto della mediocrità e dell’arroganza. La libertà si nutre di eroi! Il progresso inizia nei cuori degli uomini. La nostra amata “madre” non ha ancora esalato l’ultimo respiro e siamo ancora in tempo. Senza economia vi è spopolamento e spopolamento significa perdita di identità. Le proposte per la creazione delle macroregioni sono già dietro l’angolo e significa la morte definitiva della nostra Lucania. A coloro che hanno compiuto un tale scempio, in parte per ignobile ingordigia in parte per miopia politica e mediocrità intellettiva, rivolgiamo le parole di un martire della libertà, Fedrico Garcìa Lorca che come noi combatté per la salvezza della sua terra anche se non riuscì alla fine, come spesso succede ai martiri, a salvare la propria vita. Ricordiamo quindi le parole di una vittima dei regimi, sotto qualunque forma essi si nascondano, nella poesia intitolata “ la lucertola vecchia”:
“Sul sentiero bruciato ho visto il buon lucertolone (goccia di coccodrillo) meditare. Con la sua verde sottana di abate del diavolo, il colletto inamidato e il portamento corretto, ha un'aria molto triste da vecchio professore. Quegli occhi rinsecchiti di artista fallito, come guardano la sera morente! È questa la sua passeggiata crepuscolare, amico? Usate il bastone, ormai siete troppo vecchio, don Lucertolone, e i bambini del paese vi possono spaventare. Che cosa cercate sul sentiero, filosofo orbo, se il fantasma indeciso della notte d'agosto ha rotto l'orizzonte? Cercate l'azzurra elemosina del cielo moribondo? Un centesimo di stella? O forse studiate un libro di Lamartine e vi piaccion i trilli argentini degli uccelli? (Guardi il sole calante, e i tuoi occhi brillano, o drago delle rane! con un fulgore umano Le gondole senza remi delle idee passano l'acqua tenebrosa delle tue iridi bruciate.) Forse vieni a cercare la bella lucertola, verde come le messi di maggio, come le chiome delle fonti addormentate, che ti ha disprezzato e ha lasciato il tuo campo? O dolce idillio spezzato sui freschi giunchi! Ma vivere! che diavolo! mi siete simpatico. La frase: «Mi oppongo al serpente» trionfa nel vostro gran mento di arcivescovo cristiano. Già è svanito il sole sulla cima del monte e le greggi ingombrano la strada. È ora di andarsene, lasciate l'angusto sentiero e non seguitate a meditare. Avrete tutto il tempo di guardare le stelle quando tranquillamente i vermi vi mangeranno. Tornate a casa vostra sotto il paese dei grilli! Buonanotte, caro don Lucertolone. La campagna è deserta, i monti sono spenti ed è vuota la strada: solo di quando in quando un cuculo canta nell'ombra dei pioppi”.

Antonio Salerno



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