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I 'non-luoghi' dei migranti a Metaponto

5/06/2018

“I want to live in Italy” “To be or not to be”: queste parole sono incise su un pilastro di un ponte a Metaponto. Qui, da quasi dieci anni, si sono create delle baraccopoli di immigrati giunti in quella che, secondo loro, è la “terra delle opportunità”. Immigrati arrivati da lontano per aiutare le loro famiglie, in cerca di una dignità persa nelle atroci guerre presenti ogni giorno nei loro Paesi. In realtà qui non hanno una casa dove sentirsi protetti e al sicuro. Ieri ci siamo recati proprio lì e ci siamo trovati di fronte ad una realtà che non si può comprendere attraverso uno schermo, ma soltanto vivendola. Stracci, coperte, cartoni, pneumatici, sassi, questi i materiali componenti le “abitazioni” di uomini, un tempo addirittura anche di donne e bambini; non vi è una porta che delimita la proprietà, qui le persone vivono immerse in una natura, a volte dannosa, portatrice di malattie. Quello che per noi è il piano cottura dei pranzi all’aperto, per loro è quello quotidiano, sul terreno, con legna e una grata di ferro come fornello; quello che per loro è un normalissimo rubinetto, per noi è un tubo della rete idrica perforato. L’aria non è delle migliori; arrivando si avverte una sensazione di mancanza di igiene, insetti che si posano ovunque, queste sono le condizioni in cui questi uomini vivono, condizioni a dir poco disumane.
Queste persone però si trovano a fare i conti non solo con il problema delle “abitazioni” ma anche con il grande problema del lavoro; al giorno d’oggi i grandi proprietari terrieri per rientrare nelle spese risparmiano sulla manodopera e perciò vengono sfruttate, oltre che a lavorare in nero anche con una retribuzione che di dignitoso ha ben poco. Sono tante le associazioni che denunciano questo. Tutte queste problematiche sono state affrontate a livello istituzionale sia dal sindaco di Bernalda Domenico Tataranno sia dall’avvocata Angela Bitonti che rappresenta diverse associazioni che si occupano di migranti.

Sul pilastro, una frase in arabo, che, come ci ha tradotto un amico tunisino, riporta: “Tunisia, madre mia, dove sei?”, un’invocazione piena di dolore, che mette i brividi, una frase che ci tocca molto, ci tocca perché non possiamo minimamente capire quello che queste persone hanno e continuano a vivere, ed è surreale che tutto questo accada qui, intorno a noi, in Basilicata, una terra che per molte o per la maggior parte delle problematiche è sconosciuta ai suoi abitanti, soprattutto a noi giovani, che forse non ci rendiamo conto della realtà che ci circonda.


Miriam Abalsamo
Rita Abitante
Aurora Fraudatario

Liceo classico ‘Isabella Morra’ di Senise


Riflessioni dopo una mattinata trascorsa a Metaponto nell’ambito del progetto di Alternanza Scuola-Lavoro con la testata giornalistica lasiritide.it



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