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Presenza lucana: le esplorazioni geografiche e la tratta degli schiavi

2/02/2018

Dopo la relazione del cardiologo Vincenzo Morrone, ritorna la ricerca della cartella “Da prima di Colombo alla globalizzazione” del dott. Diego Guarniera dal titolo: Esplorazioni geografiche e la tratta degli schiavi.
Lo studio, giunto alla sesta puntata, ha Patrocinio dell’Associazione Culturale Presenza Lucana di Taranto, presso la cui sede, in Via Veneto 106/A, Venerdì 2 Febbraio, sarà presentato, con inizio alle ore 18.00 e con libero ingresso.
La ricerca si svolge su due direttive. Nella prima l’autore racconterà e si soffermerà sulle origini della schiavitù ben riscontrabile anche nell’Antico Testamento.
Sarà la storia della schiava Agar con il figlio Ismaele, Abramo con la moglie Sara e il figlio Isacco a essere presentata con le proiezioni delle pitture di grandi artisti, periodo ‘600 e ‘700 (Tiepolo, Guercino, Rubens, Monti, Adriaen Van der Werff, Pietro da Cortona e altri), l’introduzione alla serata.
Com’erano trattati gli schiavi dai Babilonesi, in cui vigeva il codice di Hammurabi, che li catalogava in base alla derivazione (prigionieri di guerra, servitori insolventi, comprati o nati in schiavitù). Un accenno anche all’antica Grecia e Roma per capire i dominati chi erano, cosa facevano, dove abitavano? Nell’Impero Romano gli schiavi erano circa un terzo della popolazione.
La seconda parte della relazione, inizia dal momento in cui Colombo arriva in America aprendo la strada anche ad altri grandi navigatori.
Da questo momento in poi e per circa tre secoli la terra del continente americano si tinse di rosso per il sangue del popolo indios al centro e America meridionale, degli indiani al nord dell’America e degli schiavi deportati dal continente africano, per i lavori più difficili.
Nel precedente lavoro, presentato un anno fa, dal titolo “L’argento spagnolo”, un interessante studio, sempre del dott. Guarniera è stato narrato un genocidio, da parte degli spagnoli, per estrarre argento dalle miniere di Potosì (Bolivia), Zacates e Guanajuato (Messico). Appunto in queste miniere, in circa tre secoli morirono milioni di esseri umani, quasi tutti africani, per estrarre e separare il metallo pregiato utilizzando il mercurio, uno dei metalli pesanti più tossici in natura. Sia le miniere di argento della Bolivia e del Messico e sia le miniere di mercurio di Almaden (Spagna) e Idria (Slovenia) sono considerati Patrimonio dell'Umanità.
Il primo flusso dei migranti, chiamati conquistadores, si ebbe nel sedicesimo secolo. In un secondo momento, dal 1640 al 1760, furono indirizzati nelle Americhe flussi di deportati e di esuli.
Nella più grande migrazione della storia umana circa dodici milioni furono gli schiavi africani portati via dal proprio territorio.
Il monopolio della tratta degli schiavi è stato portoghese, poi spagnolo cui si aggiunsero gli olandesi, inglesi e francesi.
Come avveniva? Con quali tecniche?
Gli schiavi africani reclutati nell’entroterra, con l’aiuto dei capi villaggio e dei commercianti africani erano catturati e poi incatenati. Di notte avveniva il loro trasferimento, verso i luoghi di approdo delle navi. Qui erano ammassati e chiusi in delle celle, “barracon” sino all’arrivo delle navi. Con il passare del tempo erano gli stessi africani che vendevano dei loro simili ai commercianti europei che li aspettavano nei porti.
Le navi erano dotate di trenta persone, equipaggiamento per intervenire e sedare eventuali ribellioni.
Gli schiavi, circa 450 a nave, viaggiavano, sempre seduti, ammassati nelle stive basse, legati con catene alle caviglie. Due volte la settimana, era loro concesso di salire sul ponte dove erano lavati con forti getti di acqua. Ogni nave portava a bordo 100 donne che viaggiavano sotto la cabina degli ufficiali.
Giunti a destinazione, le navi restavano in quarantena lontano dai porti. Una volta sbarcati, i nuovi padroni marchiavano, con il loro simbolo, gli schiavi acquistati.
A completamento dell’ottimo lavoro l’autore ha incluso i luoghi geografici di partenza delle navi:
Castello o Fortezza di Elmina in Ghana.
L’Isola di Gorèe in Senegal.
Bagamoyo in Zanzibar.
I Forti di William, Victoria, Mac Carthy.
Ouidah in Benin. Qui è stata costruita dall’UNESCO “La porta del non ritorno” voluta per una testimonianza e per non dimenticare.
Il 23 Agosto l’UNESCO celebra la giornata della schiavitù, data scelta, per ricordare la rivolta degli schiavi di Haiti, avvenuta il 1791.
Tutti i porti da cui partivano le navi fanno parte del Patrimonio dell’Umanità, affinché l’uomo non dimentichi mai. Se ci si guarda intorno tante altre storie criminali, accadono nel quotidiano.
Forse, la base per un vivere migliore, in un mondo disgregato, deve essere cercata in se stessi individuando quella forza necessaria per tendere la mano a un proprio fratello, seppure di etnie ed economie diverse.

Michele Santoro



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