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Il Vangelo secondo Mattei: così il petrolio diventa 'noir'

8/11/2017

Un passo indietro a quel 1964, anno in cui uscì “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini: film che portò alla ribalta Matera e i suoi Sassi e che permise l’inizio di quel riscatto che oggi s’è trasformato in nomina a Capitale Europea della Cultura per il 2019. Un passo indietro è quello che fa Alberto Rizzo, regista poco talentuoso e con scarse risorse finanziarie, nel tornare a Matera – sua città natale – con l’intento di girarci il trentunesimo film della sua umiliante carriera. Accompagnato dalla sua troupe – il suo unico assistente, che finirà col mollarlo durante le riprese – ritorna in Basilicata per girare un film-denuncia sulle estrazioni petrolifere, partendo proprio da Pasolini e dal suo “Vangelo”; scegliendo per il ruolo del protagonista Gesù Franco Gravela (uno strepitoso e intenso Flavio Bucci), un anziano signore materano che da ragazzino aveva partecipato come comparsa al film di Pasolini e che finalmente vede la svolta della sua carriera di attore attesa per tutta una vita.
Una commedia grottesca e noir quella messa in scena ne Il Vangelo secondo Mattei dei lucani Antonio Andrisani e Pascal Zullino: in un vortice di analogie tra realtà e finzione, giocate già tra la famosa opera cinematografica e il nome dello storico fondatore dell’ENI, i temi caldi vogliono essere il petrolio e il rapporto con la terra, i paradossi e gli intrighi; tanto che nel raccontare questo suo progetto all’anziano attore, il rocambolesco e fallito regista Rizzo sottolinea che “chi tocca il petrolio muore”.
Dopo le anteprime lucane a Matera, Potenza, Venosa e Francavilla e pugliesi (Altamura, Bari, Santeramo in Colle), Il Vangelo secondo Mattei si prepara ad approdare a Napoli (8 novembre), a Roma (13 novembre), a Bologna (14 novembre) e a Torino (il 21, il 22 e il 23 novembre); per arrivare, il 26 novembre, al Festival Internazionale del Cinema Italiano a Cardiff
. Nel ruolo di se stessi, Antonio Andrisani e Pascal Zullino partono dalla loro Matera per parlare delle dinamiche politiche e ambientali, del cinema e dei drammi del Meridione che ancora si ripetono (dal clientelismo alla disoccupazione giovanile alla forte emigrazione) e lo fanno con un docu-film che li porta a vincere il premio speciale alla V° edizione del Russia-Italia Film Festival e a ricevere una Menzione d’onore al River Film Festival. Un cast incredibile (Flavio Bucci, Ludovica Modugno, Mimmo Calopresti, Marco Caldoro, Gigi Angiulli, Antonio Stornaiolo, Riccardo Zinna, Andrea Osvart, Gianni Ferreri, con un cameo del vero protagonista pasoliniano Enrique Irazoqui) per un film sul petrolio che non vuole essere un film sul petrolio quanto, piuttosto, un film sulla meraviglia di una regione e sulla sua disfatta, sul fallimento dei sogni, sull’amara realtà. “La figura di Mattei nel nostro film è assolutamente periferica; – commenta Antonio Andrisani – questo è solo il titolo sgangherato che i due registi danno al loro film. C’è, però, il tema del petrolio - che abbiamo coniugato a questo grande evento cinematografico che fu il film di Pasolini - caro allo stesso autore nelle ultime ore della sua esistenza. Il tema della trascuratezza e del disinteresse, più che dell’omertà e del silenzio, è il centro del nostro film, che invita alla consapevolezza piuttosto che puntare il dito o voler essere demagogico: un invito alla consapevolezza di ogni cittadino affinché vigili su quanto sta accadendo”; “nel nostro film – continua Pascal Zullino – il petrolio è un pretesto, perché ciò che volevamo era toccare gli esseri umani, il loro riscatto e quello della regione. Il petrolio è una realtà che esiste da venticinque anni: ci sono, è vero, studi acclarati rispetto ai danni provocati ma dobbiamo capire come conviverci”. Nessuna morale, dunque; nessuna colpevolizzazione, soltanto un invito all’essere consapevoli: del resto, emblematica è la scena finale quando l’anziano mancato attore invita alla cognizione i suoi compagni-ospiti della casa di riposo: “Io non posso capire l’animo umano ma non sono un fesso e non dovete esserlo neanche voi. Tra poco qui ci saranno solo trivelle!”, nel totale disinteresse della sua platea. Ma questa è pura realtà, in Basilicata; tanto che Emidio Greco potrebbe girare una versione lucana dell’opera sciasciana “Una storia semplice”: il suicidio di un giovane ingegnere dell’ENI e il suo memoriale in cui denuncia la lobby che spinge oltre i limiti di produzione; il giornalista Maurizio Bolognetti a cui, mentre svolge il suo lavoro d’inchiesta dinanzi al COVA, viene chiesto di spegnere la telecamera mentre la fondina della pistola del carabiniere si slaccia “da sola”; “un senatore della Repubblica, ex membro della Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti, che s’è occupata della Basilicata e che – all’indomani dello scoppio del Petrolgate lucano – fa finta di non sapere”, come lo stesso Bolognetti ha denunciato rimanendo inascoltato e isolato: il drastico e sbrigativo personaggio del Questore definirebbe anche questo come "un caso semplice". E di fatti, “più che un giallo, questa storia sta iniziando ad assumere le connotazioni di una sciasciana storia semplice”, come ha dichiarato lo stesso Bolognetti nella sua ultima conferenza stampa (https://www.radioradicale.it/scheda/524312/perdita-idrocarburi-dal-cova-denuncia-argaip-2017-dichiarazioni-magda-negri-2016-il): questa sarebbe un’ottima sceneggiatura, degna sì di quel “Petrolio” pasoliniano.

Marialaura Garripoli



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