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Lettera di un giornalista lucano ''sfruttato e licenziato ingiustamente''

15/02/2019

Ai delegati del XXVIII Congresso della Federazione Nazionale della Stampa Italiana ho affidato con tanta fiducia questa lettera alla delegazione di Assostampa Basilicata, guidata dal presidente Umberto Avallone, per sottoporre alla vostra attenzione il mio caso personale, nella convinzione che esso rappresenti, in realtà, un esempio concreto e, purtroppo, oggettivabile e generalizzabile piuttosto che unicum, di come funziona, o non funziona, direi, il nostro settore professionale, con accento specifico sul contesto dell’editoria lucana, segnata dalla crisi che attanaglia e mortifica il settore al pari di altre regioni italiane, come del resto riportato, ahimè, anche dalle cronache recenti, non esclusivamente locali, in merito alla situazione estremamente preoccupante in cui versano più o meno tutte le testate attive ed operanti sul territorio in questione.

Sono un pubblicista e faccio questo lavoro nelle più precarie condizioni salariali ormai da sei anni, ne ho quaranta, dopo aver collaborato dal 2013 con il Quotidiano del Sud ed aver subìto mio malgrado il fallimento pilotato della società che lo editava e quelli di altre due testate a tiratura nazionale per cui scrivevo, tra cui Donna al Top, che dovrebbe essere a voi ben noto.

Tenacemente ostinato ed innamorato di questo mestiere, grazie ai maestri che me lo hanno insegnato, per amore di verità e per aver introiettato e fatti miei, ritengo e spero, i principi che ci vengono impartiti quando prendiamo il tesserino o nei corsi di aggiornamento professionale, ho cominciato nel settembre 2018, con tanti dubbi ma con enorme disponibilità e abnegazione, una nuova collaborazione con il Roma di Basilicata-Le Cronache Lucane TV, gruppo di proprietà dell’agenzia Agi di Potenza, di Giuseppe Postiglione, salvo essere licenziato in tronco lo scorso 28 gennaio per aver semplicemente chiesto, prima in punta di piedi e guanti bianchi con decine e decine di missive inevase, poi rivendicato e infine preteso i miei diritti essenziali e imprescindibili in qualità di dipendente con contratto Aeranti di giornalista praticante: vale a dire il pagamento delle spettanze maturate e non corrisposte da ottobre 2018 a gennaio 2019; in pratica, mi è stata pagata solo la mensilità di settembre 2018.

Vicenda, questa, di cui del resto ho informato i miei rappresentanti sindacali e che avrà verosimilmente un esito processuale, intenzionato fermamente, come sono, a far valere le mie, credo, sacrosante rivendicazioni e, soprattutto, a generalizzarle oltre la vertenza contingente, per evitare che, in futuro, altre/i possano essere vessate/i allo stesso modo e per rendere noto a quante più persone possibili, addetti ai lavori e non, l’iniquità strutturale ed inaccettabile di cui io sono stato vittima e che ho rifiutato, ma che in realtà pertiene e mette profondamente in discussione le modalità ordinarie di relazione a dir poco spregiudicate e spesso addirittura illegali di editori o sedicenti tali nei confronti di lavoratori e giornalisti. Di un sistema si tratta, infatti, nel caso di specie, contro cui io, ed altre/i prima di me, sono semplicemente andato a collidere e che ho chiamato con tono sprezzante, giustificato alla luce dei fatti, il grande bluff dell’info-tainment lucano.

Che, da un post inoltrato attraverso i miei account social, funziona così, secondo l’editore: lui fa i soldi con la raccolta pubblicitaria, l’entertainment, vale a dire i contenuti per riempire le piattaforme web, stampa, radio e tv che possiede, altrimenti contenitori inutili come comprenderete bene; e le notizie, le informazioni, le forniscono giornalisti, pochissimi, o semplici addetti di redazione che si prestano a questo gioco al massacro per l’intera categoria, con tutte le implicazioni deontologiche che ne conseguono, tutte e tutti sfruttate/i, sottopagate/i o non pagate/i del tutto.

A chi non sta bene, come il sottoscritto, viene inviata una lettera di licenziamento in tronco, senza giusta causa, oserei affermare. Perché questo mi è successo, dopo aver chiesto, invano, i miei soldi ed essere stato preso in giro consapevolmente per mesi e mesi, fino a quando ho capito che non sarebbe servito a nulla tollerare oltre questa condizione.

Dopo di che, per forza di cose, si è arrivati alla rottura, passando per una progressiva marginalizzazione che ha rasentato il mobbing e che si è sostanziata, all’inizio, nell’estromissione dalla produzione per la tv, sempre e soltanto perché avevo chiesto che i servizi mi fossero pagati, mentre l’editore li pretende gratuitamente: assurdo!
Tralascio in questa sede problematiche complessive che interessano la particolarissima organizzazione di redazione del Roma di Basilicata, che investono anche la sicurezza sul luogo di lavoro, con le riunioni fatte nello sgabuzzino del responsabile di redazione, che poi a nessun titolo è Postiglione, l’editore stesso (sic!), e i titoli di giornale, spesso scorretti e finanche con errori grammaticali, e la prima pagina chiusa a suo piacimento e su suo suggerimento da un “deskista” che non è nemmeno un giornalista iscritto.

Mi domando, però: l’Ordine dei giornalisti, cui esprimo la mia deferenza, il sindacato, che pure ringrazio per la vicinanza e l’assistenza ricevute, al solito, con la consueta, cortese e premurosa sollecitudine, al di là di quanto accaduto a me, cacciato solo per aver chiesto gli stipendi che mi spettano e per aver messo in discussione queste pratiche, rifiutando la logica perversa di chi pretende di dissociare il lavoro dal salario e dai diritti, quali un regolare contratto firmato, in che maniera intendono contrastare tali fenomeni divenuti sistematici, appunto, e che io considero distorti, criminali e criminogeni, senza esagerare?

Un sistema con sfumature quasi mafiose, ma sicuramente intrise di quel caporalato che sovente condanniamo in maniera intransigente, lasciando poi che venga perpetrato nel nostro stesso micro-mondo: sistema che, a mio avviso, lontanissimo dai dettami costituzionali, spinge in tante/i a svendere lavoro e professione sull’altare della sopravvivenza, con buona pace della libertà di stampa e di quella di pensiero.

Vi ringrazio enormemente per l’attenzione non scontata e graditissima che avrete voluto prestare alla presente, nella speranza che possa essere un piccolo granello di sabbia, essa ed io, non dico per bloccare ma almeno per rallentare questo ingranaggio infernale che svilisce il valore e il prestigio di tutte le nostre firme, note ed importanti o meno che siano. E, soprattutto, nella speranza presuntuosa, che vorrete perdonarmi, che il mio messaggio, grazie all’ambasciatrice che oggi se ne fa interprete e cui ribadisco il mio affetto e la mia gratitudine incommensurabili, possa servire a raccontare la verità dei fatti, che poi, mi pare, dovrebbe essere il valore fondamentale ed il principio cui ispirare ed orientare tutta la nostra azione di donne e uomini liberi, prima ancora che di valide/i giornaliste/i.

Grazie molte, e di cuore, a tutte/i voi. Vi porgo i miei più sinceri saluti e i miei più cordiali ossequi, augurandovi buon lavoro ed il raggiungimento degli obiettivi al centro della nobile discussione dell’assise che vi apprestate a condurre e a concludere con profitto. Grazie

Fabio Falabella



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