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Pensiero critico e famiglia: a Rionero arriva la 'discussa' Barbara Balzerani |
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26/08/2017 | Non è di certo stata piacevolmente accolta Barbara Balzerani, ospite dell’ultimo giorno dell’evento “Balansa” organizzato dall’Associazione “Quattordici Giugno” nel Palazzo Fortunato di Rionero in Vulture; e non sono mancati dissensi nemmeno sui social. Il passato della Balzerani – dirigente della colonna romana delle Brigate Rosse, parte attiva nella Strage di Via Fani e nell’omicidio del leader della DC Aldo Moro; arrestata nel 1985, diverse condanne all’ergastolo e tornata definitivamente in libertà nel 2011 – ancora fa discutere l’opinione pubblica; ma, il suo presente è altro ed il suo libro, il primo scritto in libertà, vuole esserne la prova: “tre generazioni di donne per riallacciare il filo delle mie origini incerte”. Quello di Barbara Balzerani non è un libro sul suo passato politico, ma sul suo passato famigliare: un intreccio umano, di relazioni famigliari che non hanno mai avuto un contatto fisico (come quello fra lei e la sua bisnonna, madre di sua madre) e di relazioni intessute in un mondo – quello del boom economico e delle rivoluzioni – sentito in modo differente (come quello fra sua madre e lei). “A pensarci, da tanto non so più da dove vengo. […] Le vicende del mondo mi sono entrate dentro, mi hanno attraversata come una carta geografica aperta, e mi sono ritrovata in ogni Vietnam senza attraversare nessuna frontiera. […] Sapevo di essere sulla strada e non volevo farmi trovare da un’altra parte quando sarebbe arrivato il futuro”. “Lascia che il mare entri” [ed. DeriveApprodi, 2014] snoda questa storia genealogica matrilineare sul filo della Storia novecentesca: la bisnonna, figura molto simile alla civiltà contadina meridionale seppur veneta (la storia ha inizio qui), che vive del tempo della Natura (“spesso mi è tornato il pensiero di quella bisnonna sconosciuta che d’inverno andava in letargo”); la madre, anello di congiunzione tra generazioni, trovatasi di fronte alle più grandi tragedie del secolo (l’avvento del Fascismo e le due guerre mondiali) ma spettatrice di un mondo che comincia a cambiare, tanto da mettere in discussione qualsiasi cosa; e la figlia, partecipe di quegli anni di rivoluzione culturale e sociale fino a diventare testimonianza viva dell’insofferenza della società, in un periodo in cui non mancavano i presupposti per stravolgere il mondo. “Mi è rimasto attaccato a pelle il carattere delle mie donne. Molti anni dopo avrei capito quanto la loro battaglia di libertà fosse stata più silente ma non meno radicale di quella dei miei anni ribelli”: l’intento dell’autrice – e lo dice ad un pubblico attento, catturato – era quello di raccontare un altro modo di fare Storia; che non è la Storia ufficiale, quella che tramanda i grandi avvenimenti, bensì quella delle persone, “quelle che la Storia se la portano sulle spalle”. Un racconto storico e anche dall’impronta ecologica, un monito su quanto l’illusione di benessere dovuta all’avanzamento dell’industrializzazione e la successiva avidità post-bellica abbiano dilapidato le risorse naturali a disposizione: dalla natura veneta alla fabbrica di Colleferro, all’interno della stridente morsa capitalistica (passaggio obbligato, forse, verso l’emancipazione), “il vecchio mondo si faceva da parte lasciando spazio al nuovo. [… ] La corsa al saccheggio era iniziata e andava veloce. Non pensarono che non avrebbero più saputo fermarla”. “Ipoteca inestinguibile, a costi di usura”. Da qui, i due moniti lasciati dalla sua bisnonna: recuperare quello che era il Tempo di una volta, lento, dedicato; e seguire il ritmo scandito dalla Natura, come la sua bisnonna che i mesi invernali li trascorreva rallentati, come in letargo. Moniti che, di certo, cozzano con la furia dei nostri giorni, imbruttiti, egoisti. No, non siamo in un mondo, in un Paese pacificato – esordisce così Barbara Balzerani – e basta vedere le ultime immagini dello sgombero di Piazza Indipendenza; “siamo in un Paese terribile, dove l’insegnamento di quegli anni [gli anni Sessanta e Settanta; ndr], gli anni di quella ribellione, non è stato compreso. All’epoca c’era un blocco e non vi era spazio per l’opposizione; oggi si sta riproponendo la stessa situazione. Quegli anni sono ancora cronaca viva”, ha detto in risposta alle contestazioni che l’hanno ‘accolta’. Ma in questo racconto non vi è alcun riferimento esplicito alla sua scelta di militare nelle Brigate Rosse: “si aspettava che sarei andata a sbattere contro uno sperone che neanche avrei visto, che mi sarei fatta male, ma che non sarei tornata indietro a piagnucolare. Nel nostro tacito patto non c’era posto per i pentimenti”. Una lezione fondamentale deve alla madre – ha detto al pubblico di “Balansa”: la responsabilità delle mie azioni; “ho sempre sentito su di me la sua autorizzazione”. “Dubitava che avremmo vinto la nostra battaglia ma sapeva che non avremmo sprecato nessuna occasione di vivere i nostri anni".
E alla domanda “Cos’è passato, di quegli anni, ai ragazzi di oggi?”, Barbara Balzerani risponde: “Da parte di quel vastissimo movimento di opposizione c’era una capacità di critica, che oggi la velocizzazione del Tempo impedisce; siamo teleguidati e difenderci da questo Grande Fratello è difficile. Ma è essenziale che ridiventi legittimo il pensiero critico”.
Marialaura Garripoli
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