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Basilicata, grande amore nei "Mineurs" di Wetzl

20/01/2012

La Basilicata non è quella piccola regione spesso dimenticata sulla cartina geografica. La Basilicata è un grande amore: un’insieme di colori, profumi, sapori, tradizioni, una moltitudine di gente umile e cordiale. La Basilicata è tutto questo e molto altro…..
Ma la Basilicata è anche terra di briganti e di emigranti.
Le motivazioni che portarono a queste ondate migratorie, soprattutto nel secondo dopoguerra, non sono difficili da comprendere. La miseria, il sottosviluppo, la mancanza di risorse, lo scontro tra proprietari terrieri e contadini costituirono l’impulso dell’emigrazione.
Il dolore iniziava con la partenza, lasciava un vuoto enorme, per andar incontro ad un altro dolore.
Quei poveri contadini viaggiavano stipati nelle stive delle navi o ammassati su vecchi treni. Quando un Lucano lasciava il proprio paese aveva sempre, o quasi, l’intenzione di tornarvi, magari con qualche soldo in più per acquistare una casa o quel campiello tanto desiderato prima della partenza.
I nostri emigranti furono fonte di ricchezza, per i paesi che li ospitarono, per la loro laboriosità e umiltà. Il Lucano è generoso, umile, modesto, laborioso, cordiale, orgoglioso, non desidera mettersi in mostra ma piuttosto apprendere. Gli emigranti erano pronti a svolgere qualsiasi lavoro, l’importante era guadagnare un po’ di denaro da mandare alle loro famiglie rimaste al paesello. Accettavano lavori faticosi e condizioni di vita molto dure, sacrificavano la propria esistenza, e come se ciò non bastasse, spesso, si vedevano derisi e disprezzati. Ma il Lucano ha sempre portato con sé i propri valori, le proprie tradizioni e il calore della sua gente. Molti nostri concittadini hanno onorato l’orgoglio lucano nel mondo, e noi non possiamo far altro che ricordare e portare avanti i loro insegnamenti e i loro valori.
Della Basilicata come terra di emigranti si è occupato il regista Wetzl nel suo “Mineurs”: un film che ricorda un passato di sofferenza e che riporta alla memoria accordi che proponevano un cammino della speranza che tale non era. Lucania, 1961. Quattro bambini e la loro vita in un piccolo paese. Armando ed Egidio sono di modeste condizioni economiche; Mario è figlio del dottore del paesello; Vito ha come padre un restauratore di oggetti sacri. I bambini imparano a crescere a scuola, dove hanno un maestro capace di appassionarli. In questo clima di spensieratezza c’è però un “altrove” che incombe: è il Belgio. E’ il Belgio degli emigranti che chiamano al posto pubblico i loro familiari. Sono i Lucani andati a fare i minatori in un luogo lontano che diventerà tristemente vicino per Armando ed Egidio, costretti a lasciare le loro terre e a dover iniziare il non facile percorso di integrazione in una nuova realtà. Il plot non può che essere ispirato alla storia vera di emigranti lucani. Un film dai contenuti forti, che mette in luce come in quel periodo, per molti, era impossibile sopravvivere in Lucania. E’ la testimonianza di un’emigrazione sofferta sia da chi partiva che da chi restava. Un film che fornisce numerosi spunti, che aiuta a riflettere: sulla religione cattolica, per quegli italiani in Belgio la fede cristiana era motivo di forza per andare avanti; sulla differenza tra le classi sociali; sull’aspetto storico; ma soprattutto sulla “polvere”: gli emigranti che andavano a lavorare nelle miniere non erano stati informati sui rischi che la polvere da carbone gli avrebbe potuto provocare, facendoli ammalare di silicosi. Ma emerge anche la forza della storia: la storia fatta di carne e sangue, di dolore e di speranza in un futuro migliore. Parla di quella storia fatta dalla gente vera che porta ancora le cicatrici di quelle ferite mai rimarginate.
In fondo il vissuto dei nostri emigranti ci insegna a comprendere la condizione degli emigranti delle altre nazioni: essi, oggi, sono la personificazione del nostro sofferto passato.
Nel 1888 il Presidente del Consiglio italiano riprendeva la difesa dell’emigrazione pronunciata da Giustino Fortunato, concludendo con la famosa frase “o emigranti o briganti”. Ed in effetti la Basilicata porta con sé anche la piaga del Brigantaggio; ad evidenziare ancora una volta come in realtà la storia vera la faccia il popolo con le sue storie semplici e umili e non soltanto i grandi personaggi. (Gli eroi vanno cercati tra la gente comune!)
La nostra è una terra ricca di storia, che però, purtroppo, viene spesso dimenticata.
Per questa Basilicata, terra di briganti ed emigranti, sarà arrivato il momento del meritato riscatto? Beh, credo proprio di si. La Basilicata esiste e comincia finalmente, ma non senza fatica, a ritagliarsi il suo posticino al sole. La Basilicata ha voglia di riscatto; lo deve, soprattutto, ai sacrifici della sua gente. Il fatto che la Basilicata stia emergendo e risalendo la china è testimoniato dall’incremento del turismo, dal fatto che registi di fama internazionale scelgano sempre più spesso la nostra regione come set cinematografico (l’ultimo capolavoro girato in Basilicata è stato “Basilicata coast to coast” costituito da un cast a dir poco stellare).
E’ una Basilicata spesso rappresentata come un’isola felice che in realtà nasconde al suo interno moltissimi nodi irrisolti.
In Basilicata è ancora forte l’influenza dell’economia latifondista e, come se ciò non bastasse, l’apparato industriale non ha mai raggiunto dei buoni livelli di sviluppo; tutto ciò è ancora il frutto di una politica che ha sempre visto il meridione in una condizione di arretratezza. Del resto questo sottosviluppo meridionale ha da sempre caratterizzato il corso della storia.
Insomma la Lucania è una terra ricca di risorse, ma, purtroppo, queste ingenti risorse non sono sfruttate adeguatamente.
In ogni caso la Basilicata se la caverà, come ha sempre fatto!
“Lo ammetto, sono nato in Basilicata. Sì, la Basilicata esiste, è un po’ come il concetto di Dio, o ci credi o non ci credi. Io credo nella Basilicata!” (dal film “Basilicata coast to coast”). Come Papaleo, io credo nella Basilicata: una grande Basilicata, fatta di mare e di grandi pascoli, stanca delle sue incongruenze.
La Basilicata è stanca di Cristo che si è fermato ad Eboli. Se Cristo si è fermato ad Eboli la colpa non è certo la nostra, noi lo aspettavamo, lo avremmo accolto volentieri. Ci siamo dati da fare e con molta insistenza ne siamo venuti a capo. La Basilicata si è sempre rimboccata le maniche, ha alzato la testa da sola, non deve dire grazie a nessuno per ciò che è riuscita a conquistare, se non alla sua gente. E dunque la Basilicata continuerà a rimboccarsi le maniche per ritagliarsi il suo (modesto) posto al sole.


Nicoletta Fanuele



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