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“Il caso Spotlight” un film di Tom Mccarthy. Recensione di Mario Coviello

29/02/2016

La notte degli Oscar di domenica 28 febbraio 2016 ha decretato miglior film dell’anno una pellicola asciutta e rigorosa Il caso Spotlight, di Tom Mccartrthy , che aveva ricevuto sei nomination agli Oscar, fra cui le candidature per miglior film, regia e per gli attori Mark Ruffalo e Rachel McAdams. Il caso Spotlight, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia lo scorso anno, racconta l’indagine del 2001 da parte di alcuni giornalisti del Boston Globe ( premiata con il Pulitzer) che portò alla ribalta uno scandalo sessuale e pedofilo che coinvolgeva oltre 70 preti del Massachusetts e il cardinale Law, arcivescovo di Boston, che dopo questa inchiesta finì col dimettersi .
Nonostante la ricchezza di potenziali sottostorie di indubbio interesse, al centro del film c'è sempre e solo l'investigazione stessa, con le sue storie, i suoi intrecci, il suo allargarsi e complicarsi a macchia d'olio. Non si tratta quindi solo di un ottimo film; Il caso Spotlight è innanzitutto uno straordinario inno al giornalismo vero, quello di inchiesta, quello che può cambiare in meglio le vite delle persone e può e deve dare un contributo reale alla nostra società, scoprendone gli scheletri nell'armadio e dando voce a coloro che non hanno, da soli, la forza e il coraggio per parlare. A rendere viva e coinvolgente questa investigazione ci sono gli uomini e le donne che ne sono protagonisti, nel bene e nel male. Le vittime che raccontano le loro terribili esperienze e lo fanno con esitazione, rabbia, vergogna e i giornalisti che non si fermano davanti a nulla pur di cercare la verità, e non dimenticano mai il lato umano della tragedia e il rispetto che è dovuto a coloro che hanno subito queste violenze e questi traumi. Così come non dimenticano che prima ancora di diventare "eroi" sono stati anche loro stessi, magari inconsapevolmente, parte del "sistema".
Ed è così che quando nel finale del film l'articolo del Globe è finalmente in stampa e i giornalisti sono esausti, contenti e con le lacrime agli occhi per il risultato, lo stesso accade anche a noi spettatori, partecipi di un evento epocale e testimoni diretti di un grandissimo film che non dimenticheremo facilmente.
“Il giornalismo, quello vero, può fare la differenza nella vita delle persone.” Queste le parole di Walter Robinson, il giornalista del Boston Globe che sullo schermo ha il volto di Michel Keaton. Robinson così continua “ Il film ispira ancora oggi moltissime persone. Le parole che abbiamo pubblicato sono state importanti, ma era il 2002. Adesso vediamo che è difficile per la stampa condurre nuovamente un'inchiesta di questo tipo per portare alla luce questi problemi; ma il potere che deriva da un film può davvero cambiare la coscienza comune. La Chiesa Cattolica ha creduto di ‘salvare la fede dei molti’ nascondendo la perversione di pochi. Ha invece ottenuto l’effetto contrario finendo con il far accomunare nel sospetto di un’opinione pubblica, spesso pronta alla semplificazione, un clero che nella sua stragrande maggioranza ha tutt’altra linea di condotta. La forza con cui Papa Francesco ha condannato, anche con la detenzione entro le mura vaticane, i colpevoli di questo tipo di reati è prova di un’acquisita nuova consapevolezza in materia. Quell’inchiesta di poco più di dieci anni fa ne è all’origine e quei giornalisti, anche se non ne erano del tutto consapevoli, finivano con il ricordare a chi regalava loro copie del Catechismo di andare a rileggere e fare proprie le parole di Gesù: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Matteo 18, 6).
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