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Da Freud a Pirandello con le ali della comicità |
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6/06/2013 | “Passiamo metà del tempo a deridere ciò in cui gli altri credono e l'altra metà a credere in ciò che gli altri deridono. Dopo aver scritto questa frase mi sono chiesto se avevo scritto una frase con intonazione comica o filosofica. Se in essa prevaleva un'ironica liberazione o una malinconica riflessione”. A chiederselo è Stefano Benni, chiamato a dibattere sul rapporto tra filosofia e comicità. Un filo sottile che lega due estremi di ragionamenti che però, nella quotidianità, si fondono. E così fare un viaggio storico, filosofico, psicologico e letterario sull’essenza stessa della comicità, diventa, oltre che interessante, anche un modo per riflettere su elementi che paiono ovvi, ma che possono rivelarsi una bella scoperta.
In questo viaggio ha cercato di accompagnarci un giovane senisese, con il libro “Da Freud a Pirandello (passando per Bergson)” edito da Libellula, nel quale ha miscelato le competenze acquisite da una Laurea in Lettere e Filosofia, con una particolare attenzione alla Filologia moderna e l’esperienza giornalistica con alcune testate. Lui è Rocco Polosa e non vi fate ingannare dalla sua giovane età (classe ’87), perché ha già trovato il tempo per curare altre due pubblicazioni.
Partendo, da buon filologo, dall’ etimologia del termine “umorismo” (che deriva dal latino “humorert-em” e dal greco “ΰγρόσ” e vuol dire “umidità, liquido”, dalle teorie della medicina ippocratica che attribuiva a dei fluidi l’influenza sulla salute e sull’indole delle persone) il giovane autore ripercorre il modo di utilizzare e di essere toccati dall’umorismo e dall’ironia nel corso dei secoli, dalla tradizione cavalleresca ai primi anni del Novecento.
Perché il “comico” non è una mera “pausa ricreativa”, luogo e momento in cui è stato per secoli relegato a favore del “vero” rappresentato dal “serio”.
Con una lunga lista di autori e citazioni (Goethe, Diderot, Hugo, Schlegel e così via), l’autore costruisce una disamina su quell’aspetto indispensabile della vita, l’umorismo appunto, che cela una realtà profonda da scoprire.
Perché “Noi siamo nella vita in un’eterna rappresentazione che eternamente oscilla tra la commedia e la tragedia. O è commedia, e allora non conclude; o conclude, e allora è tragedia. Se l’uomo resta nella prima è semplicemente un uomo, maschera vestita che passa; se entra nella seconda è un personaggio, maschera nuda che resta”.
MpV
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