L’Università Popolare del Pollino, il Centro Mediterraneo delle Arti, la Pro Loco Senise, Valjdea- Gusto Basilicata- il Comune di Senise ci hanno fatto conoscere “Romanzo Naturale” di Georgi Gospodinov, magistralmente messo in scena da Ulderico Pesce. Il lavoro inizia già prima di entrare nel Centro per la creatività (Banxhurna). Fuori una lapide e dei lumini attirano l’attenzione. I suoni di una chitarra e di un organetto danno inizio alla rappresentazione. Il pubblico è disposto a ferro di cavallo (fa parte della scena) in un certo senso diventa inconsapevolmente protagonista. Sul pavimento scatoloni e bottiglie di whisky; dentro una cassa una radice, probabilmente l’anima dell’uomo che diventa “natura morta”. Un palco scarno come la vita: tre sedie, un water bianco, al centro della scena un tavolo, sotto un televisore senza schermo, il tavolo assomiglia tanto a un tempio, un sacrario dell’effimero, un sacrario dei sogni. Le scene vengono accompagnate da suoni mediterranei, delle nostre terre si, ma ricordano tanto, in alcuni momenti, terre lontane terre vicine,ritmi balcanici, poi balli della cultura silvo-pastorale, ricordi ancestrali. Pesce è bravo ad avvicinare lo stile e la storia postmoderna dell’autore, alle storie delle nostre contrade, ormai tanto simili ai quartieri di grandi città. Una spirale di vicende, all’apparenza senza un filo conduttore, che cercano di raccontare le tensioni, i momenti crudi, forti della separazione di Ema (Angelica Cestari) con il suo Lui (Giuseppe Riccardi). Da questo momento in poi si intrecciano una dietro l’altra una serie di racconti quasi senza senso, rappresentano il caleidoscopio della vita fatta da chissà quante sfumature, di zone d’ombra. Sulla scena, come nel romanzo, si ripercorre la storia dell’umanità in eterno conflitto, ben rappresentato da una canna e una mela (del peccato) appesa. Mentre i colpi di tamburo, ricordano la vita che sfuma, come certe immagini che in uno schermo accompagnano gli attori, bravi, nel tentativo di raccontare l’irraccontabile. “La separazione è legata all’andar via di casa”, ma anche ai tanti caffè, all’alcol, al bagno che sembra il luogo ideale, dove si trova vigore e pace. Ma allo stesso tempo vero tavolo di prova: solo se si odora la puzza dell’altro, senza storcere il naso, si diventa compagni di vita, una metafora che diventa vera e propria maschera, quella che si indossa più e più volte al giorno. Come spesso avviene la singola storia si scompone in tanti rivoli che si perdono che si incontrano. Sembrano a tratti diverse, ma così simili, legate a doppio filo. Tutto sembra scorrere, ma in modo disordinato, in palese contrasto con lo scorrere dell’acqua “limpida” del Sarmento, solo il suo ciottolato e la processione di figure oniriche ti fanno rituffare in un mondo che sembra non essere più in grado di guardare il futuro con raziocinio e fiducia. Un futuro difficile, per la coppia del Romanzo di Gospodinov, così come per milioni di coppie, specialmente quando lei confessa al compagno di essere incinta, ma il padre non è lui. Si crea così un continuo turbamento. Dopo una fase di incoscienza, un’ànchilosi di coppia, in “aiuto”, si fa per dire, arrivano le donne, (Ilaria De Fina, Emanuela Giasi, Antonella Sofia, Silvia Farina) la televisione, i film, sono loro oggi a indicare la via, i comportamenti. Un travaglio esistenziale aggravato dai genitori, dai ladri (Matteo Armentano, Domenico Paolo Veltri), dalle amiche (Nunzia Crescenzo, Rossella Di Girolamo), da un giudice (Anna Onorati) e da un cancelliere, che impersonificano un tribunale improbabile, metafisico che non riesce a decidere. La storia diventa indecifrabile, come l’esistenza. Solo una corda, come un cordone ombelicale, potrebbe tenere uniti, ma si è troppo lontani,rischia di spezzarsi, anche perché, come succede nelle separazioni, si continua a rinfacciarsi di tutto, persino le spese per le bomboniere. L’uomo nel bagno continua a prendere appunti. Dopo i ladri, il furto, la polizia, storie di tradimenti familiari. Scene continue incalzanti che rapiscono l’attenzione, mentre la natura ci guarda, forse infastidita, rappresentata dal ficus che continua a perdere nel salotto le foglie. Il compagno di Ema, si capisce, è ancora innamorato, ricorda i bei tempi, i gatti(Mariella De Fina, Marianna Totaro), nella consapevolezza di non poter essere mai padre. Poi ancora canti e ritmi dal profumo isolano, mentre sullo schermo passa la miseria della vita, che vita… a passeggio sul greto del Sarmento. Poi una lapide, la stessa di prima, a simboleggiare probabilmente l’alfa e l’omega dell’Apocalisse, l’inizio e la fine che si confondono, si prendono per mano, dove uomini e donne riposeranno, sogneranno per sempre, in una dimensione parallela. Mentre gli alberi, il sole del Pollino, le ginestre, le begonie rosso porpora continuano a vegliare, accennando a una smorfia. Si spengono i lumini, si chiude la scena e per Ulderico Pesce è un trionfo.
Vincenzo Diego
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