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Lusso e diademi, le principesse Enotrie in tour da Matera

28/10/2023

Un cappellino che pare uscito dagli anni Venti del Novecento, quasi sbarazzino se non fosse per il materiale nel quale è forgiato, lo stesso bronzo degli orecchini, della sontuosa collana e poi delle tante spille e decorazioni che ne ornavano l'abito, dei bracciali, degli anelli infilati in ogni dito delle mani e persino dei piedi. Stupefacenti per la loro ricchezza, due millenarie tombe di donna con i loro incredibili corredi racconteranno all'Europa, in una mostra itinerante allestita dal 30 ottobre nelle sale degli istituti di cultura italiana delle grandi città, tutto il fascino e il mistero degli Enotri, antico popolo italico che abitò dal IX al V secolo a.C un vasto territorio della penisola oggi a cavallo tra la parte più meridionale della Basilicata e quella più settentrionale della Calabria. Appena uscite da un lungo e delicato restauro ad opera degli specialisti del Museo Archeologico della Siride di Policoro, in provincia di Matera, le due sepolture, anticipa all'ANSA il direttore generale dei musei di Stato Massimo Osanna, appartengono alla fase più antica di questa civiltà, una al IX l'altra all'VIII secolo a.C..Entrambe provengono dalla necropoli di Chiaromonte (Pz) scavata tra gli anni '90 del Novecento e i primi anni Duemila, così come gli altri siti di Alianello e Guardia Perticara. "Sono corredi straordinari che giacevano nei depositi da oltre 30 anni", fa notare il dg, che questo progetto l'ha ideato e fortemente voluto, "Fare rete tra istituzioni dello Stato è fondamentale per valorizzare quella parte ingente del nostro patrimonio ancora sottratto alla pubblica fruizione e che invece deve essere conosciuto tanto in Italia quanto nel mondo”. Articolata e potente, la società degli Enotri finì col soccombere intorno al 500 a.C. al contatto con gli achei che si erano insediati sulle coste di quel tratto di meridione, e con le altre popolazioni italiche, che a quel punto si sostituirono a loro, dai Campani ai Sanniti, dai Lucani ai Bruttii.
Tutto quel che sappiamo di queste genti ci arriva dai racconti delle fonti antiche, autori greci e romani, oltre che dai corredi delle loro tombe. Sono le fonti antiche, in particolare Antioco di Siracusa (V sec. a C) e Aristotele, a raccontarci che anche gli Enotri, come i loro successori erano arrivati dalla Grecia e che anzi furono proprio loro a dare il nome all'Italia, in onore di Italo, il loro primo e saggio sovrano.
Verità o mito, quello che resta come testimonianza più oggettiva del passaggio di queste genti e del loro vissuto sono proprio gli oggetti custoditi nelle tombe, le ceramiche raffinate, le armi intarsiate, i gioielli, che in alcuni casi sono di bronzo, in altri di avorio e paste vitree.
Delle due sepolture che verranno esposte, racconta la direttrice del Museo Nazionale di Matera e coordinatrice del progetto, Annamaria Mauro, la più antica conserva ancora il ricamo fatto di anellini di bronzo cuciti lungo il bordo del vestito indossato dalla defunta, una sorta di grembiule che arrivava fin quasi alle caviglie. Una veste preziosa alla quale si aggiungevano i gioielli: gli orecchini, il diadema che ornava la testa, spille, anelli. Ancora più ricco il corredo della seconda defunta, sepolta con il caratteristico copricapo in bronzo degli Enotri, mentre decine di altri monili ne ornavano il lungo vestito e altrettanti anelli ne impreziosivano le dita. Magnifico su tutto, un pendente a forma di ariete. Il progetto di restauro, racconta la direttrice, ha coinvolto in tutto 22 sepolture, alcune delle quali di bambini, e si è accompagnato ad un lavoro di 'microscavo', ancora in corso, che sta riportando alla luce altri gioielli in bronzo, oggetti in avorio e pasta vitrea e ceramiche dipinte. Tra tutti il più prezioso, dice, "un vago di collana in ambra a forma di uccello acquatico che adornava una bambina". La ricerca, insomma, va avanti. Intanto però le due signore ingioiellate vengono preparate per affrontare il loro tour nelle capitali d'Europa. Si parte da Vienna, poi sarà la volta di Budapest, Varsavia e Amburgo.

Ansa Cultura



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