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| Teatro contemporaneo e attitudini personali: intervista a Stefano Mariaelio Fiorentino |
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6/04/2022 | Classe 1977, Stefano Mariaelio Fiorentino è un attore, regista ed insegnante di recitazione che come ogni artista autentico, si afferma subito e senza volerlo per la sua qualità, singolarità e specificità umana.
Ho avuto il piacere di intrattenermi più di una volta in una piacevole ed avvincete conversazione telefonica con lui, un dialogo appassionato, comprensivo, stimolante e vero quello con Stefano Mariaelio Fiorentini, tra interludi di storia personale e vita propria ed un’analisi densa di un momento storico e sociale complesso anche per il teatro e per la cultura.
Scopro colloquiando con lui e senza meravigliarmi, che Fiorentini è padre di un sistema di studio e formazione innovativo chiamato EMPACT©, in cui emerge l’attore in una connessione sofisticata tra la propria empatia ed il copione.
Stefano Mariaelio Fiorentini è stato anche assistente del maestro zen/tao Dominique De Fazio per oltre 10 anni e ha diretto e recitato in più di 40 spettacoli teatrali con la compagnia Quinte di Carta di cui è stato fondatore nel 1998. Presente in film internazionali sul panorama pubblicitario ed in fiction targate RAI, è stato diretto tra gli altri anche da Sofia Coppola, Gabriele Salvatores e Paolo Virzì, ha recitato a fianco di Anna Galiena, Pier Paolo Capponi, Claudio Bisio, Ernest Borgnine, Terence Hill e Michela Cescon, vanta partecipazioni ai Festival di Cannes, Venezia e Locarno.
Nella bella intervista che segue, Stefano Mariaelio Fiorentini lascia affiorare il suo sguardo e la sua poetica sull’arte e sul teatro.
Come nasce il suo percorso nell’arte?
Fu la poesia “Sensazione” di un diciassettenne Rimbaud a folgorarmi alle medie, grazie ad un professore di lettere illuminato, che, oltre a farci recitare la poesia, ci chiedeva un commento, stimolandoci ad esprimere cosa la poesia aveva suscitato in noi, cosa avevamo “sentito”. Da quel momento cominciai a scrivere, poesie, racconti brevi, diari, e cambiò il mio modo di vedere i film al cinema, non volevo più essere intrattenuto, volevo essere sconvolto, come aveva fatto la poesia di Rimbaud; e poi un concerto a teatro – DALLAMORANDI – Lucio Dalla non stava solo cantando, stava vivendo un contesto, sembrava l’estensione stessa di quello che toccava e cantava, stava creando. Mi accorgo, scrivendolo, che sono stati episodi molto intimi, profondi, che hanno avto un forte impatto su di me, è iniziata così, la Vita ha lasciato un’orma sulla mia pelle.
Lei è anche Direttore artistico del Teatro Studio Frigia Cinque di Milano. Cosa significa oggi gestire e mantenere in vita un teatro?
Significa rinunciare a molte cose visibili, sforzandosi enormemente per raggiungere cose invisibili. E’ cercare di volare con le ali spezzate.
Quale dovrebbe essere l’impegno politico anche degli “addetti al lavoro” per riconferire il giusto lustro al nobile mestiere dell’attore, screditato in qualche modo dall’attualità?
Il teatro non deve essere politico, non ha niente a che fare con la vita pubblica. Se è stato screditato significa che non ha offerto reali garanzie di capacita e qualità. Il pubblico viene a Teatro per imparare a vivere, non per una mera rappresentazione dell’attualità.
Sua la regia dello spettacolo “ Bush” di N. Labute. Cosa la spinge a scegliere un autore piuttosto che un altro? E quali sono secondo lei, i drammaturghi più interessanti sulla scena contemporanea?
Provengo da uno Studio ed un Insegnamento che hanno sconvolto il mio modo di vivere ed intendere le cose, non posso riferirmi alla recitazione senza riferirmi alla mia vita; in questi termini, credo di avere orientato tutta la mia ricerca ad esaltare la Vita attraverso l’Arte. Questo ha comportato rinunciare ad ogni abitudine e sabotare ogni idea, vivere sul bordo, smarririmi. Il mondo in questo senso, non è come appare, ma come accade. Per quanto mi sforzi, è sempre il testo che a scegliere me, poche righe possono mettere in discussione tutta la mia vita, quello è il momento. Da quel preciso istante tutto cambia, ogni cosa, ogni rapporto, come io sto davanti al Mondo. Non esiste più differenza tra Vita e Palcoscenico, riguarda me, così intimamente, che mi chiedo come possa aver fatto l’autore a raccontarmi cosi perfettamente, senza avermi mai incontrato.Recentemente è successo con Bash, di Neil Labute, che ha ispirato “Confessioni” per la mia regia dopo tre anni di assenza. Avevo bisogno di purificarmi, e dove non interveniva la Vita, è intervenuto il Teatro. Non mi permetto di giudicare i drammaturghi, posso dire che i testi che mi parlano non gridano mai il nome dell’Autore, ma le sue ferite e il suo coraggio.
Roberta La Guardia
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