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L’uomo nuovo

3/06/2012

Fu il secolo XVII° a costringere il pensiero alla svolta, almeno ufficialmente. Con la filosofia di Galileo Galilei, ma prima ancora con Leonardo Da Vinci e Nicolò Copernico, nasce l’uomo moderno. Essi sono il punto d’arrivo di una vena speculativa sgorgata dalle menti dei filosofi a partire da Talete, passata per Anassimandro, Pitagora, Platone, Aristotele, Raimondo Lullo ed altri, fino a Galilei. Secondo alcuni nel 1600 si andava delineando la figura della vera scienza. Ma siamo proprio sicuri che quella fosse davvero la vera scienza? Dall’altra parte, una linea di pensiero, anch’essa filosofica, tende a porre in secondo piano l’aspetto della cosmologia e della natura rispetto all’uomo. Già Eraclito sosteneva che la ricerca filosofica ha due fondamentali obiettivi: indagare se stesi e indagare la comunicazione con gli altri. La centralità che l’uomo viene a rivestire nella scuola socratica, in quella stoica, epicurea, sofistica e così via, rende completamente divergenti le due strade del pensiero filosofico: una tesa alla ricerca di regole da trovare nei modelli matematici da applicare alla natura e al cosmo, l’altra rivolta all’interiorità umana. Il cristianesimo, con la patristica prima e la scolastica poi, aprirà una terza via che è quella della ricerca di Dio e dell’interpretazione delle verità rivelate. Ciò che potrebbe sembrare in apparenza una dissertazione accademica sulla storia del pensiero diviene, ad un’analisi più attenta, un punto di partenza per lo studio dei fenomeni sociali. La speculazione filosofica induce dei cambiamenti così profondi nella mente umana da condizionarne ogni aspetto individuale e collettivo. Tale concetto viene espresso con chiarezza da Cartesio quando dice che la fisica richiede un fondamento metafisico e quando antepone alla propria rivoluzionaria filosofia l’esigenza di mantenere un ordine morale ed una guida all’azione che traghetti l’intelletto e le coscienze attraverso il rinnovamento in modo da farlo approdare gradatamente alle nuove idee. Da un punto di vista ontologico assistiamo ad una lotta feroce tra le diverse concezioni del mondo che si tramuta poi, nei vari periodi storici, in modelli di società completamente diversi e contrapposti l’uno all’altro. A seguito dell’affermazione dell’una o dell’altra visione del mondo si svolgono i grandi mutamenti dei costumi e delle società fino a quella attuale basata sulla tecnologia e sulla comunicazione a scapito della ricerca rivolta all’uomo e di quella rivota a Dio. Ciò che viene considerato progresso non è tale in assoluto in quanto si tratta di una spinta in avanti delle scienze esatte tradotta poi in progresso tecnologico e in un determinato tipo di qualità della vita. Questo ha comportato una sostanziale perdita delle due altre componenti: quella ideale e quella umana, facendo apparire la vita fine a se stessa e circoscritta all’individuo. Le società moderne si reggono sulla base di regole morali vecchie, scarsamente sentite e poco applicate essendo il vero collante tra gli individui l’interesse economico e la comune convenienza. Ogni modello di società non può essere giudicato ne migliore ne peggiore rispetto ad un altro per il fatto che soddisfa i bisogni degli individui che lo compongono. Ma non bisogna dimenticare che quei bisogni derivano in gran parte dalle coscienze e che queste vengono plasmate ed indirizzate dalle idee. Le idee sono state il frutto di un albero oramai invecchiato che è quello della filosofia. Invecchiato perché, dopo essersene allontanato l’uomo ha eletto a guida delle proprie azioni la soddisfazione dei bisogni materiali. Questa scelta sembrerebbe aver spento quegli interruttori che lo spingevano a ricercare la felicità al di là della materialità. Una nuova classe di individui, quella che meglio riesce a far fruttare i beni materiali, viene considerata dominante mentre le altre qualità della mente umana vengono relegate in ambiti circoscritti e marginali. L’uomo non averte più l’esigenza di ricercare nuovi ideali, nuove e innovative strade per l’evoluzione dell’individuo singolo e della specie ma rimane trincerato dietro sbarramenti egoistici a difesa delle posizioni conquistate. Il più delle volte l’esistenza trascorre tra l’insoddisfazione, le frustrazioni, i rimpianti e un senso di smarrimento, di precarietà esistenziale e disperazione da cui solo la frenesia caotica, creata ad arte, della vita moderna può distogliere. La strenua difesa di questo modello di società ha un’unica spiegazione, oltre quella della tutela degli interessi individuali, e cioè la mancanza di fiducia dell’uomo moderno nelle proprie capacità di costruire un mondo migliore. Eppure ci proviamo continuamente a migliore la nostra condizione ma i risultati appaiono incerti: le mirabolanti scoperte scientifiche ci hanno portato ad accertare che l’universo è poco dissimile da come lo avevano immaginato gli antichi greci. I tentativi di spingere in avanti la vita media di qualche decennio passano spesso per gli ospedali e a volte la stessa esistenza strappata alla morte trascorre tra sofferenze e vere e proprie violenze terapeutiche. Lo stesso problema del cibo è stato risolto in modo paradossale ( parliamo delle società occidentali) dato che esso stesso è divenuto, per qualità e quantità, un potenziale nemico della salute. Si riescono a coprire grandi distanze ma non esiste più il vicinato, il condominio, il circolo, la famiglia; le persone quasi non si parlano più se non per affari o interesse. Come se, avendo spalancato le porte dell’Universo, un immenso vuoto si fosse riversato tra gli uomini avviluppandoli in un profondo buio delle coscienze. Ma perché, nonostante gli enormi mezzi a nostra disposizione, non riusciamo nell’impresa di costruire un mondo diverso, più rispondente alle esigenze dei più? Forse perché questo andrebbe prima immaginato. I’umanità è quella che è perché così è stata costruita nei secoli. Ultimamente lo si è fatto basandosi più sulle contingenze che su una visione complessa che tenga conto dell’uomo, del contesto e dell’ambiente. Basterà che l’uomo ritrovi se stesso nel groviglio delle proprie viscere, ritorni ad aprire il proprio essere alla luce delle stelle e magari a riallineare i propri sensi in una direzione diversa per scoprire che la felicità esiste e che la morte non fa poi tanta paura.
Antonio Salerno




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