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Presenza Lucana: il disastro del Vajont: cronaca di un’immensa tragedia

30/12/2017

Interessante relazione per la cartella “Storia contemporanea” presentata all’Associazione Culturale Presenza Lucana di Taranto dal titolo “Il disastro del Vajont, cronaca di un’immensa tragedia”. Diego Guarniera (già dott Analista presso l’Ospedale SS. Annunziata di Taranto), consigliere dell’associazione, dopo la quadrilogia sulla scoperta dell’America, ha curato nei dettagli e nei tempi la grande catastrofe che, alle 22.39 del 9 ottobre 1963, causò la morte improvvisa di 1917 persone; la più grande in assoluto come numero di perdite avvenuta in Italia in provincia di Belluno.
La caduta di una parte del monte Toc nel lago causò un innalzamento dell’acqua che, come una bomba, sommerse i paesi di Erto, Casso, Castellavazzo, Longarone, Rivalta, Pirago, Villanova, Faè.
Purtroppo molte sono nel mondo le dighe crollate, la più grande fu quella che in Cina (diga del Bacino di Banquaio) causò la morte, nel 1975 di 171.000 persone. Questo fa presupporre che, ancora, non esiste la certezza che la programmazione tecnologica e la conseguente manutenzione, in questo campo, possano dare la sicurezza per evitare grandi tragedie.
Più di cinquant’anni sono trascorsi da quei drammatici quattro minuti. Bene ha fatto l’autore ad approfondire i momenti di una storia, che ha preceduto la tragedia, per raccontare, con l’aiuto di cartine e immagini, una catastrofe causata dalla noncuranza di tanti, preposti al controllo, che continuarono il programma di costruzione e di prove di riempimento della diga, sino a 670 metri, nonostante i pareri negativi di geologi chiamati per controllare il buon andamento dei lavori. Il geologo Muller, austriaco, consigliò di sospendere il progetto poiché troppo pericoloso. Anche una giornalista Tina Merlin, inviata dell’Unità, che aveva segnalato, con più articoli, la pericolosità del manufatto e i pericoli, causati anche da altre opere della SADE, per iniziativa dei carabinieri fu denunciata per “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”. La giornalista subì un processo presso il Tribunale di Milano. Decisive per la sua assoluzione furono le testimonianze degli abitanti di Erto che deposero e mostrarono le fotografie di una prima frana di 800.000 metri cubi caduta.
Nonostante l’assoluzione, nessuno, a tutti i livelli intervenne.
Sono importanti la comprensione e il ricordo di quanto avvenuto, per creare la consapevolezza, in tutti noi, che la vita, anche di una sola persona, non può e non deve essere messa in second'ordine quando un rischio è radicato nel progetto che si sta sviluppando. Nella costruzione della diga del Vajont, i segnali della sua insicurezza, anche a cantiere avanzato, erano stati rilevati, più volte, da tecnici, con lunghe perizie e dalla popolazione che avvertiva degli strani movimenti e dei rumori provenire dalle montagne all’origine della diga.
Perché non s’intervenne per sospendere il lavoro? Quali furono le motivazioni tecniche, addotte, per continuare un’attività che, ormai, si sapeva essere diventata rischiosa? Nel suo studio Guarniera, racconta con capillarità le fasi di un processo assurdo, in cui comparvero tutte le irregolarità registrate sin dall’inizio della progettazione del grande Vajont, il cui primo piano, di massima, fu redatto da Carlo Semenza già nel 1926. Lo scopo generale del progetto era di creare, in mezzo alle Dolomiti, una riserva di acqua che permettesse di sfruttare l’energia per portare elettricità a Venezia e nel Triveneto anche nei periodi di secca del Piave e dei suoi affluenti.
L’invaso doveva accumulare le acque del Piave dopo il loro passaggio nella diga di Pieve di Cadore e da qui al Vajont tramite tubazioni con dislivello minimo.
Il lungo e tortuoso processo terminò solo nel 2000, trentasette anni dopo la tragedia! Queste lungaggini, alla fine, portarono alla comprensione di quanto grande fosse stata la potenza economica delle ditte impegnate alla creazione del polo energetico, in Italia. Le forze impegnate, SADE in testa, andarono oltre il lecito, in campo tecnico e burocratico, per superare tutti i pericoli connaturati nel grande programma.
Nel 2003 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi decretò il cimitero di Longarone, in località Fortogna, monumento nazionale.
L’alunno del quinto anno, sez. violino, Matteo Annichiarico, guidato dal
• STUDIO 23 violino solo di Charles Dancla, musicista nato a Bagneres de Bigorre (Alti Pirenei) nel 1917 e deceduto a Tunisi nel 1907.
Quest’appuntamento è stato l’ultimo del 2017, ventisettesimo anno di



Michele Santoro



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