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| A Roma il Candido presepe di Salvatore Sava |
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14/12/2017 | Sabato 16 dicembre 2017, alle ore 17.30, a Roma, nella Basilica di S. Maria degli Angeli e Martiri, continua ciò che è divenuta una tradizione: uno scultore interpreta il presepe, libero nella scelta dei materiali e nel linguaggio, nella realizzazione dei personaggi che andranno ad occupare uno spazio predefinito: un grande cerchio di tre metri di diametro.
Quest’anno, con la collaborazione del Museo Internazionale del Presepio “Vanni Scheiwiller” di Castronuovo Sant’Andrea, è toccato a Salvatore Sava, il giovane scultore pugliese che ha affrontato il tema senza dimenticare la tradizione della sua regione. Finito il suo presepe (composto di oltre 30 personaggi), Salvatore Sava istintivamente lo ha portato sul prato del suo paese in modo che il bianco della pietra risaltasse sul bruno denso della terra. Ciò che poteva sembrare solo una necessità pratica, una sorta di messa in scena dei personaggi, per calcolare l’occupazione dello spazio prefissato, diventava un omaggio al paese, alla sua gente, alle famiglie di contadini tra i quali era cresciuto e che, senza volerlo, si scoprivano collocati al centro del recinto.
Il Bambino, Giuseppe e Maria sono, allora, l’emblema del fuoco domestico, della “casa-famiglia” portata a una sintesi estrema, ridotta a una pura struttura, alla forma squadrata e appena sbozzata della pietra leccese. Che non ha rivali per quanti intendono esaltare la loro indole indipendente sottraendosi al peso della materia, e si oppongono alle convenzioni dell’insegnamento accademico cercando un progressivo distacco dal linguaggio figurativo. L’iterazione dei soggetti, dalle grandi membra e dalle piccole teste, estremamente semplificate e colte in un movimento appena accennato, diventa un vero e proprio motivo plastico quando, ad esempio, affronta la “moltitudine” del gregge. Il candore, che uniforma il Bambino e le pecore raccolte intorno al pastore, senza soluzione di continuità, in un solo blocco a strutture parallele, diventa il simbolo dell’innocenza perduta e il motivo conduttore di una meditata essenzialità rappresentativa.
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