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Cercano i veleni, trovano i tesori

18/11/2009



Cercano la «nave dei veleni» e tracce di radioattività invece trovano un tesoro archelogico. Al largo di Maratea (la cittadina tirrenica della provincia di Potenza) trovate 200 antiche anfore di epoca romana (III e IV secolo avanti Cristo). La scoperta nel corso delle indagini condotte dalla nave «Mare Oceano», fra Maratea e Palinuro, per accertare la presenza o meno della «Yvonne A», la «nave dei veleni» di cui ha parlato il pentito della ‘ndrangheta Francesco Fonti. Indagini che fino a oggi hanno dato esito negativo.

Nessuna presenza di fusti con sostanze tossiche, né radioattività. Solo preziose anfore di età romana. Anfore trovate a 600 metri di profondità su un’area di 80 metri per 20 a circa 2 km a sud di uno dei due «bersagli» (quello più a nord) scandagliati dalla «Mare Oceano» nel rettangolo di indagine compreso tra Maratea e Palinuro.
Il sindaco di Maratea, Mario Di Trani, ha fatto sapere che contatterà quanto prima le autorità competenti per un pronto recupero dell’importante «giacimento» durante l’indagine della nave «Mare Oceano», cominciata il 9 novembre e conclusa il 16. I risultati sono stati illustrati ieri pomeriggio, a Potenza, nel corso di una conferenza stampa. alla quale hanno partecipato il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, il vicepresidente della Giunta e assessore all’Ambiente, Vincenzo Santochirico, Federico Crescenzi, capo del Reparto ambientale marino del Corpo delle Capitanerie di Porto presso il ministero dell’Ambiente, il capitano di fregata Luigi Piccioli, comandante della capitaneria di porto di Vibo Valentia, il capitano di corvetta Rosario Meo e il comandante della capitaneria di porto di Maratea, Tiziana Manca. Crescenzi ha illustrato le fasi dell’Operazione Maratea.

L’attività di esplorazione del fondale marino è stata condotta su una superfice di circa 90 chilometri quadrati e fino a 800 metri di profondità attraverso moderne tecnologie installate sulla Mare Oceano. In particolare, la rilevazione è stata effettuata su una coppia di coordinate indicate dalla Procura della Repubblica di Lagonegro e racchiuse in un rettangolo largo nove miglia e lungo due che è stato monitorato integralmente. Alla missione ha collaborato la Geolab con tecnici e ingegneri scozzesi, inglesi ed egiziani. Oltre alle anfore l'indagine dei fondali effettuata dalla «Mare Oceano» ha consentito di identificare, a 550 metri di profondità, anche uno scafo di circa 20 metri, una imbarcazione dsenza nome affondata per un incendio.

Pino Perciante
la gazzetta del mezzogiorno



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