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Scorie nucleari, stretta sulle aree dove costruire il deposito nazionale |
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15/03/2019 |
| Basilicata. Si restringe il perimetro delle aree che potrebbero ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari in Italia. Come anticipato da Wired all’inizio di febbraio, l’Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), la neonata agenzia per la vigilanza dell’atomo, ha escluso i territori in zona sismica 2 da quelle potenzialmente idonee per la costruzione del cimitero dei 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi.
La conferma arriva dal sottosegretario del ministero allo Sviluppo economico, Davide Crippa. Sua la richiesta, partita lo scorso ottobre, di rivedere il parametro di rischio terremoti. Ora Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning nucleare, dovrà correggere la Cnapi, la carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale, e depennare quelle in classe sismica 2.
I criteri di rischio terremoti erano già inclusi nei 28 indicati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nel 2014 per scrivere la Cnapi.
La mappa è lo strumento che serve a identificare le aree in Italia con tutte le carte in regola per ospitare in sicurezza il cimitero delle scorie radioattive. Tra i parametri di esclusione rientrano la presenza di vulcani, il rischio di frane o inondazioni, la distanza dalle coste, da parchi naturali, aeroporti, città o aziende pericolose. E, per l’appunto, il rischio sismico.
Siccome il deposito nazionale è un edificio studiato per resistere a terremoti di forte magnitudo, l’Ispra ha escluso i territori in cui potrebbe verificarsi un evento estremo.
Quindi il territorio della Basilicata sarebbe escluso da una qualsiasi posibilità di deposito unico delle scorie, in quanto quasi tutta la regione è situata a rischio 1 e 2, tranne una parte della provincia di Matera, in prossimità della città dei Sassi, dove il rischio sismico è valutato in classe 3.
lasiritide.it
Info da www.wired.it |
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Non con i miei soldi. Non con i nostri soldidi don Marcello CozziParlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
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