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'Con un aneddoto vi racconto Filippo Merlino, mio fratello'

12/11/2017



“………Del Re custodi e della legge, schiavi sol del dovere, usi obbedir tacendo e tacendo morir: terror dei rei, modesti ignoti eroi, vittime oscure e grandi: anime salde in salde membra, mostran nei volti austeri, nei scuri occhi, nei larghi lacerati petti, fiera, indomita, la virtù latina!
In questi versi di Costantino Nigra, ormai datati di oltre un secolo e mezzo, ma sempre orgogliosamente attuali, è racchiuso il segreto dell’indomito ed indomabile attaccamento al dovere di tutti i Carabinieri d’Italia che, oggi come allora e per il futuro domani, hanno fatto, fanno e faranno del giuramento di fedeltà alla Patria, una sublime e silente scelta di vita.

Sono Angelo Merlino, fratello di Filippo, che seguendo il suo esempio ha deciso,alcuni anni or sono, di indossare la stessa uniforme ed onorare lo stesso giuramento.
In queste poche righe non intendo assolutamente esternare considerazioni celebrative all’indirizzo di mio fratello, mi sarebbe sin troppo facile e comunque, forse, risulterebbe scontato. A celebrare i nostri Eroi ci penserà la Storia! Tuttavia, voglio consegnare, a chiunque avrà modo di leggere queste righe, un breve aneddoto che fa parte dei miei ricordi più intimi e cari e che penso servirà a dare la giusta luce alle doti umane e professionali di mio fratello, il Sottotenente dei Carabinieri Filippo Merlino.

Erano gli inizi di Luglio del 1997 ed io, giovane maresciallo dell’Arma appena promosso e trasferito al comando della Stazione CC di Quattro Castella (RE), andai a trovarlo presso il Comando di Viadana. Orgoglioso, fiero, entrai nel suo ufficio: mi abbracciò, mi baciò. Mi fece accomodare oltre la sua scrivania, di fronte a lui. Cominciammo, naturalmente, a parlare di lavoro ed immediatamente, quasi a stuzzicarmi, mi chiese: “Come ti trovi? Come va il lavoro? Sei motivato?” Risposi prontamente, forse con acerba presunzione, che ero motivato, preparato e pronto ad affrontare qualsiasi situazione. Mi lasciò parlare e mi ascoltò attentamente. Alle sue spalle era affissa una grande immagine del Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, che nel parlare guardavo con insistenza. Se ne accorse e mi interruppe un attimo: “fai bene a guardarla….la fotografia di quell’uomo dovrebbe essere affissa in ogni caserma dell’Arma”. Capii che stava analizzando e valutando il mio entusiasmo quando, avvicinatosi a me e ponendomi una mano sulla spalla, mi interruppe nuovamente, dicendomi: “Ascolta maresciallino (così mi chiamava) e ricorda: con chiunque tu avrai a che fare, sii sempre autorevole, mai autoritario, incuti timore mai terrore. Solo in questo modo otterrai il rispetto per la tua persona e per l’Istituzione che rappresenti e, soprattutto, raggiungerai quello che è il nostro principale obiettivo: essere richiesto e cercato dalla gente, nel momento del bisogno”.
Subito dopo mi invitò a prendere un caffè. Uscimmo dalla caserma, c’era il mercato. Rimasi stupefatto: in poche decine di metri, almeno una decina di persone si era fermata a salutarlo e tutti lo avvicinavano con l’appellativo di Comandante. Capii immediatamente che quanto mi aveva detto poco prima corrispondeva a realtà e che l’invito ad uscire, nei suoi intenti, ne doveva essere la dimostrazione.

Questi era Filippo Merlino, questi era mio Fratello. Questa è la pesante eredità che mi ha lasciato! Si, proprio così, eredità pesante, di quelle che non si ufficializzano con atti di successione, ma che con il loro carico di umanità, umiltà, dignità, fierezza, orgoglio, fedeltà, caparbietà ed estrema solidarietà, si trasmettono in automatico a chi sarà deputato a coltivarla, a raccoglierne i frutti e, soprattutto, a trapiantarla in chi verrà dopo di lui.
Non posso sbagliare!
Tanto volevo e tanto dovevo a chi ha fatto in modo che io fossi quello che sono.


Grazie ad Angelo Merlino che ha voluto condividere anche con noi questi suoi ricordi



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