E’ passato quasi un anno: nel giugno del 2016 sulle colline dove sorgono i cantieri del futuro Centro oli della Total, a Tempa Rossa, centinaia di lavoratori delle aziende dell’indotto incrociarono le braccia e diedero vita ad uno sciopero perché i loro contratti di tre, due o addirittura un mese, rischiavano di non essere confermati e molti di loro, proprio da quello stesso giorno, sarebbero stati mandati a casa. Dopo trattative, incontri e presidi, il pericolo fu scongiurato. Ma agli operai, in realtà, la tranquillità non è mai arrivata del tutto. Devono saperlo bene i lavoratori di una delle aziende dell’indotto, la Tecnomec, subappaltatrice di Tecnimont: una settantina, nel complesso, i lavoratori a Tempa Rossa, 32 dei quali con il contratto che scadrà a fine aprile. Insomma, rischiano di trascorrere proprio la Festa dei Lavoratori senza occupazione. Abbiamo contattato telefonicamente alcuni operai che ieri mattina hanno dato vita ad un presidio all’ingresso dei cantieri. “Alle incertezze per il futuro- ci hanno spiegato- si aggiunge anche il fatto di non aver percepito mensilità arretrate”. L’azienda è in difficoltà, ci dicono, ma ci spiegano anche di non avere risposte certe e che non si accontentano più di promesse o di soluzioni mordi e fuggi. Abbiamo sentito telefonicamente anche Antonio Blasi, Rsu per la Cgil, che, nel tardo pomeriggio di ieri, ci ha detto che, in realtà, una soluzione è stata trovata, “anche grazie all’attenzione dei vertici di Tecnimont”. “Le mensilità arretrate- spiega- non sono tre piene, perché per una è stato corrisposto il 25% e l’ultima, quella di aprile, non è finita. Fatto sta che la soluzione, arrivata nel primo pomeriggio di ieri dopo trattative, consiste nel pagamento degli arretrati ed anche di un forfait di Aprile prima della fine del mese; per quanto riguarda, invece, il pericolo licenziamento, è stato già deciso che due altre aziende dell’indotto dovrebbero integrare, al 50% ciascuna, tutti i 32 lavoratori”. Una buona notizia? “Un’altra promessa- dicono gli operai- e questo non ci distoglie dalla necessità di manifestare le nostre ragioni”. Nella serata di ieri, però, è arrivata la notizia della sospensione del presidio. Tra le voci delle maestranze che rischiano il licenziamento sono tanti i dialetti, non solo lucani; sono, soprattutto, pugliesi, siciliani, campani. Un anno fa, in quel giugno del 2016, il pericolo si chiamava ‘concorrenza sleale’ da parte di aziende estere che licenziavano le maestranze del posto per fare lavorare gli stranieri, romeni e polacchi soprattutto. “Le maestranze straniere costano meno- diceva un lavoratore- e accettano condizioni che noi non accettiamo. Non possiamo essere licenziati all’improvviso, senza un preavviso e senza una giustificazione, essere mandati a casa a 30, 40 o 50 anni e far entrare lavoratori che, diciamo così, conviene economicamente far lavorare. Non ci stiamo”. Da quel giugno di un anno fa il problema non è del tutto scomparso.
Mariapaola Vergallito
|