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Bolognetti ancora davanti al Cova: 'verità e informazione'

19/02/2017



“È un gioco di prestigio, una illusione: l'inquinamento in Val d'Agri appare e poi magicamente scompare”: è quanto afferma Maurizio Bolognetti nell’annunciare il suo nuovo sit-in dinanzi al Centro Olii Val d’Agri; uno stabilimento pericoloso, come da sempre denuncia Bolognetti, che non può non avere ripercussioni sulle matrici ambientali. Nelle vicinanze di un pozzetto nell’area industriale di Viggiano, lo scorso 3 Febbraio, era stato rinvenuto un liquido con presenza di idrocarburi; pozzetto subito posto sotto sequestro dall'Autorità Giudiziaria, che ha obbligato Eni ad avviare con urgenza le attività di messa in sicurezza, di verifica e di campionamento dei terreni. Ed oggi, Eni fa sapere che “è stato accertato il punto di origine della fuoriuscita di idrocarburi”. Ieri mattina, ancora una volta, il segretario di Radicali Lucani ha chiesto Verità sull’inquinamento in Val d’Agri…
E Verità sull’inquinamento delle falde acquifere?
Anzitutto, una prima considerazione: ho l’impressione che, per l’ennesima volta, gli enti preposti al controllo e alla tutela della salute pubblica non abbiano onorato il Diritto alla Conoscenza dei cittadini lucani, dei cittadini della Val d’Agri, dei cittadini di Viggiano. Avrei voluto poter leggere sul sito del Comune di Viggiano – come ho detto anche ieri al Sindaco Cicala – tutta la documentazione inerente questo intervento di messa in sicurezza di emergenza che è stato effettuato dall’Eni, nell’area del Centro Olii; evidentemente, non è stato così e nelle prossime ore sarò costretto a chiedere agli enti tutti i carteggi intercorsi su questa vicenda. Ancora una volta, assenza di trasparenza e mancato diritto, per i cittadini, a poter conoscere per deliberare: non lo ha fatto il Comune di Viggiano, non lo ha fatto l’ArpaB, non lo ha fatto la Provincia di Potenza. Toccherà andare a scavare, nuovamente, per poter ricostruire nel dettaglio questa vicenda: quando è arrivata, ad esempio, la prima segnalazione da parte dei responsabili del depuratore ASI? È un aspetto da chiarire e non è affatto secondario, perché ci aiuta a capire quando è emersa – per la prima volta – questa contaminazione da idrocarburi; e rispetto al quando è emersa, capire quando c’è stata la reazione degli enti ma anche di quello che – fino a qualche ora fa – era il potenziale responsabile dell’inquinamento e che, come si è visto, è diventato con certezza l’unico responsabile, cioè Eni.
Hai dichiarato che l’ultimo incidente non può considerarsi un caso isolato?
Ieri – e sarà visibile nel reportage realizzato per Radio Radicale – ho raccolto testimonianze di cittadini che mi hanno raccontato come da mesi, in quella zona, si avvertiva un’insopportabile puzza di greggio, di idrocarburi; io stesso avvicinandomi ad uno dei pozzetti, dove una società ingaggiata da Eni stava effettuando un emungimento delle acque (che, aldilà delle battute degli operai, dubito fossero potabili), ho avvertito questo insopportabile odore di idrocarburi. C’è da capire, quindi, quando è iniziata la contaminazione. Altra considerazione: questo ennesimo “evento” – e possiamo chiamarlo a tutti gli effetti “incidente”, anche perché sono stati costretti ad ammetterlo – altro non è che una perdita di idrocarburi da un serbatoio e viaggia in una linea di continuità: “eventi” che si ripetono ormai da anni in Val d’Agri. Questo incidente, poi, mi ha riportato alla mente – come ho provato ripetutamente a raccontare in tutto il mio lavoro d’inchiesta, racchiuso in parte nel mio libro – quello che la Metapontum Agrobios denunciava nel 2010.
E cosa denunciava la Metapontum Agrobios, società interamente partecipata dalla stessa Regione Basilicata?
In una sua relazione del 2010, la società denunciava – nell’area industriale di Viggiano – l’aumento di piezometri contaminati da alifati alogenati cancerogeni: da quella relazione emerge – leggendo tra le righe di una ricerca finanziata nell’ambito del “Programma Operativo Val d’Agri” e, quindi, con denari provenienti dalle royalty – una contaminazione delle matrici ambientali ed, in particolare, della matrice ambientale acqua: presenza di alifati alogenati cancerogeni; aumento del numero di piezometri inquinati nell’area industriale; presenza di cloroformio ed idrocarburi aromatici (quali trimetilbenzene, l’orto-xilene, l’n-propilbenzene, il sec-butilbenzene e l’n-butilbenzene) in due pozzi artesiani; e, poi, c’è anche la parte riferita ai sedimenti ed anche lì emergono elementi preoccupanti. Concordo con i redattori della relazione quando, in merito ai pozzi artesiani, hanno detto che la presenza di inquinanti “in un’acqua sotterranea è quanto mai insolita”: di presenze “insolite”, nella Valle dell’Agri e nelle aree interessate dalle attività estrattive, ne abbiamo registrate tante in questi anni; presenze che, a volte insolitamente, scompaiono dopo aver fatto capolino in alcuni controlli ambientali… deve essere passato Houdini, il re degli illusionisti!
La storia, quindi, si ripete?!
Quanto ho provato a fare ieri è certo raccontare un dato di cronaca, perché è importante occuparsene; ma ho voluto anche sottolineare una storia, una continuità: per esempio, nel 2002, in una nota dei Carabinieri di Viggiano emerge una perdita di 3000 l di greggio; su quella vicenda, poi, è stato aperto un procedimento per sito inquinato… ma quando diciamo 3000 l di greggio, dobbiamo fidarci necessariamente dell’Eni; poiché la fonte, per quanto riguarda l’entità della perdita, allora fu solo Eni. Ma quel greggio finì nel laghetto prospiciente il depuratore posto a servizio dell’area industriale e temo che parte di quel greggio sia finito anche nella diga del Pertusillo… diciamo che mi sembra ragionevole ipotizzarlo! Su questa storia credo ci sia molto da chiarire: Eni ha ammesso la sua responsabilità in merito alla contaminazione, sì; ma a me sembra che si tenti di minimizzare l’accaduto. Anche quest’ultimo incidente dovrebbe farci riflettere sulla pericolosità costante, quotidiana, incombente che questo stabilimento rappresenta per le matrici ambientali e per la salute dei cittadini di quell’area. Il COVA resta uno stabilimento a rischio incidente rilevante; è e resta uno stabilimento soggetto alle Direttive Seveso che – anche in normali condizioni di esercizio, pensando alle emissioni in atmosfera – impatta sulla salute e sull’ambiente, perché un cocktail di inquinanti – sia pur nei limiti (del tutto sindacabili) previsti dalla legge – inevitabilmente incide negativamente sulla salute umana ed ambientale. Vedremo, poi, chi pagherà i costi ambientali che nessuno ha voluto tenere in considerazione, nel momento in cui con scelta miope e scellerata si è consentito di ubicare questo tipo di stabilimento in un’area a ridosso di una diga, a rischio sismico, a rischio frana, a ridosso di centri abitati, in aree SIC e ZPS, all’interno dei Parchi… quando andranno via, tireremo le somme sull’impatto di questa presenza industriale in un’area così delicata e credo non sarà un bel momento!

Marialaura Garripoli



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