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San Paolo A.: presentato il libro ”L’Utopia tra le nebbie della memoria”

14/08/2024

Gianni Palumbo ha ripescato dai fondali del tempo, in quella che nell’antichità erano definite ”Le colonne d’Ercole”, storie di donne, di uomini, di famiglie. Dalla penna emergono sogni, storie cancellate per anni dalla bianca spuma delle onde. Il tempo, come le vite spezzate, si è infranto, fermato davanti a una banchina. ” Utopia” con il suo carico di speranze, finì in fondo al mare. Tanti meridionali in cerca di fortuna. Scene come quella di Cutro: le luci si intravedono, la speranza nel cuore, un attracco sicuro. Poi, legni che galleggiano, come i corpi, tra le grida che squarciano il silenzio e la notte. La speranza, l’umanità, ancora una volta, non trova l’attracco e muore in mare. Ai più piccoli, non resta che gridare mamma, mamma… papà, fratello, ma presto si perdono tra i flutti del mare e della notte. ”L’Utopia tra le nebbie della memoria”, edito da Marotta& Cafiero, è un libro per non dimenticare, presentato davanti alla chiesa dell’Esaltazione della Santa Croce, a San Paolo Albanese. A farlo, la giornalista Mariapaola Vergallito, che presenta l’importante ricerca storica, una narrazione empatica – dice- affrontata con rigore. Tanti i morti, dodici solo quelli di San Paolo Albanese. Molti corpi riposano nel cimitero de La Linea de la Conceptiòn, cittadina spagnola, che riuscì grazie al suo slancio di umanità – precisa ancora la giornalista- a strappare alla furia del mare tante vite. La giurista Giovanna Conte, parla di un insieme di verità portate nelle aule processuali. Il più grave disastro della storia dell’emigrazione mai entrato nella memoria collettiva- ricorda-. Significativi i saluti istituzionali dei sindaci di San Palo albanese, Mosè Antonio Troiano, di Francesco Mancini, primo cittadino di Pomarico e di Josè Juan Franco Rodriguez, sindaco de La Linea de la Conceptiòn, accompagnato da una folta delegazione. Il primo cittadino spagnolo, descrive la propria comunità come fiera e accogliente da sempre. Tutti attorno a un tavolo a parlare di un piroscafo, poi, l’attraversamento del mare di Alborán, l’ultimo pezzo di Mediterraneo arrivando a Gibilterra, e ancora di una tempesta più o meno improvvisa, metà della Royal Navy mal ancorata nella rada del porto del protettorato inglese, una manovra azzardata del capitano John McKeague, la spinta improvvisa del mare sull’ariete sottomarino di una corazzata inglese, lo squarcio a poppa. È così che affonda Utopia, piroscafo della Compagnia di navigazione inglese Anchor Line, la sera del 17 marzo del 1891. Trasportava emigranti dalle regioni del Mezzogiorno a New York. Era iniziata la grande emigrazione italiana verso il continente americano. L’utopia di un sogno che s’infrange tra i marosi a Gibilterra. Un lungo silenzio durato centotrent’anni prima del riaccendersi dell’attenzione per una tragedia remota che ha sepolto quasi seicento uomini, donne e bambini. La storia di questo drammatico naufragio è riemersa grazie al lavoro intenso, a una mole documentale ricercata in archivi di mezza Europa, arricchendo e sovvertendo la scarna narrazione bibliografica sul tema. Un libro –

precisa l’autore- che cerca di ricucire la memoria perduta, storie che meritano di essere recuperate e raccontate, capaci di toccarti lo spirito, attraverso il viaggio di donne e di uomini che cercavano speranza e riscatto, inseguiti dai loro sogni, ma il destino era segnato, trovano un mare in tempesta, come la vita che volevano lasciarsi alle spalle. Una nave di colpo senza nocchiero, senza guida. L’eterno peregrinare finisce in un fondale anonimo, fatto di acqua e sale, mentre il vento, la burrasca scaraventa con forza centinaia di corpi sulle scogliere, sudari di pietre che coprono per sempre storie “anonime”. Utopia, per Gianni Palumbo, deve diventare un museo dell’anima, memoria viva per una nuova vita, memoria per un mondo migliore, in grado di parlarci. Poi, musiche e parole, come quelle di Enzo Peluso, Mario Laurita e Quirino Valvano, hanno ricordato con rispetto, pietà e sentimento, i poveri morti, abbracciati per sempre dall’acqua di mare.

Vincenzo Diego




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