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| Dalla Basilicata a Londra:intervista a Valentina Fernandez, experience designer |
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12/09/2021 | Valentina Fernandez è una creativa lucana originaria di Policoro che lavora nel digitale come visual artist ed Experience Designer.
Le sue opere sono proiettate a livello internazionale in festival come Visions du Reel, European Media Art Festival Osnabruck, DokuFest Kosovo, Cairo Video Festival, Rencontres Internationales, Alchemy Moving Image Festival, MACRO Rome, 5th Moskow Biennale, Bardo National Museum.
Tra il 2011 e il 2015 è stata nominata per il Celeste Art Prize, il Renaissance Art Prize dell'Istituto Italiano di Cultura e il Premio Fabbri per l'Arte Contemporanea. Nel 2016 il suo lavoro "Other Than Our Sea” ha ricevuto una menzione della giuria al Japan Media Arts Festival.
Formatasi accademicamente presso il DAMS di Bologna, ha continuato i suoi studi al Chelsea College of Arts and Design di Londra e alla China Academy of Arts di Shanghai e Hangzhou. Dal 2015 affianca la ricerca creativa alla consulenza come Experience Designer per prodotti digitali presso agenzie creative a Londra e Berlino.
Si occupa di sistemi generativi, IoT, visualizzazione dei dati, interazione vocale e le grandi incognite della vita quotidiana gestita da algoritmi.
Nell'intervista che segue, Valentina Fernandez ci racconta la sua esperienza professionale ed artistica.
Visual Artist e designer di Policoro, oggi affermata professionista,a Londra. Come inizia il suo percorso?
Sono partita dal DAMS Arte di Bologna per continuare i miei studi a Londra al Chelsea College of Art, con una residenza di sei mesi all’Accademia d’Arte Cinese di Shanghai.
Da anni porto avanti la mia ricerca sul video sperimentale, prima a Londra e poi a Berlino. Dal 2016 ho iniziato il mio percorso come experience designer lavorando per agenzie creative come Experience One a Berlino, varie startup nel campo dell’Intelligenza Artificiale, Data Visualisation e Machine Learning, e il gruppo WPP a Londra.
Dal circa due anni ho iniziato ad integrare gli strumenti tecnologici del design generativo nei miei lavori di animazione video.
Come riesce ad unire la competenza tecnica a quella artistica?
Uso strumenti come simulazioni grafiche, software e algoritmi per produrre immagini attraverso l’occhio di una macchina, il computer, con cui noi tutti ci relazioniamo ogni giorno. La mia formazione resta però umanistica e le maggiori fonti di ispirazione sono per me, ora, le icone classiche dell’area mediterranea. Mi affascina quanto la visione più’ futurista del reale prodotta con avanzate tecnologie contemporanee contenga spesso un debito con la ricerca della tradizione scultorea, pittorica e narrativa, classica. Lavorare come designer inoltre mi espone ogni giorno alla complessità’ dei linguaggi software che da qualche tempo tendo ad utilizzare nei miei lavori. Quando sento che mie capacità di sviluppo software sono troppo limitate per un progetto, collaboro con ingegneri che mi aiutano a realizzare le mie idee.
Quali sono secondo lei le differenze tra il mondo lavorativo in Inghilterra, dove vive attualmente, e l'Italia?
Mi sono trasferita a Londra nel 2006, ho vissuto circa cinque anni a Berlino e sono rientrata in UK nel 2018. Ho pochi termini di paragone rispetto all’Italia perché’ i miei lavori sono mostrati per la maggiore fuori dai confini nazionali, in festival e mostre.
Penso che il Regno Unito offra comunque un supporto maggiore agli artisti attraverso fondi nazionali di sostegno alla ricerca, e da parte di sponsor privati aperti al co-finanziamento di progetti.
Quale il suo ultimo progetto ?
Nell’ultimo anno ho lavorato su delle sculture digitali, rimodellando tre icone femminili del mediterraneo pre-cristiano attraverso un software di animazione parametrica. Il risultato e’ un corpus di tre lavori video: “Victory”, la rivisitazione della Nike di Samotracia, “The Beautiful One Has Come”, sul busto di Nefertiti e “She. With Gleaming Eyes”, un’animazione dell’Atena del Museo di Dresda co-finanziata dall’associazione Officine Culturali di Bitonto nell’ambito di una residenza artistica.
Al momento sto lavorando ad una rivisitazione di un mito classico attraverso un software di scrittura automatica costruito sull’intelligenza artificiale. Questa volta, partirò da un testo prodotto da una rete neurale per ricavare delle immagini.
Quale il suo rapporto con la Basilicata oggi?
La Magna Grecia e la natura semi-vergine in Basilicata restano sempre fonti di ispirazione intensa, infatti nel corso degli anni ho utilizzato immagini di questi luoghi in alcuni miei video. Ho girato al Museo della Siritide di Policoro per Other Than Our Sea, che ha poi vinto una menzione al Japan Media Art Festival nel 2016. Un’altro lavoro, The Oyster Effect, e’ stato girato fra Policoro e Anglona e andato in mostra in vari festival internazionali.
Sicuramente trascorro poco tempo in regione, per cui quando rientro tendo a osservare la Basilicata con lo sguardo di chi si lascia ancora stupefare dalla propria terra natale.
Roberta La Guardia
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