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Nuovi orizzonti percettivi e sperimentazioni artistiche: intervista alla cantautrice Valeria Caputo

20/04/2021

Aspettando le tanto attese riaperture di cinema e teatri, oggi più che mai invocate indistintamente tanto dagli artisti quanto dagli addetti ai lavori e dal pubblico, è interessante soffermarsi sulla scia creativa lasciata da questo anno di covid.
Seppur faticosissimo, il primo lock down è stato infatti per numerose categorie anche generatore di inaspettate direzioni creative. Un ulteriore valore è poi dato se e quando questa sperimentazione si rivolge verso quelle fasce della società più vulnerabili. Valeria Caputo, musicista e sound designer pugliese di grande sensibilità, ci parla delle sue iniziative artistiche durante il lockdown.
L’intervista di Valeria Caputo è uno stimolo a riconnetterci con l’importanza del ruolo della ricerca nel proprio mestiere, al di la di quale esso sia, per scoprire formule nuove e migliorative di se stessi e della società.


Valeria Caputo, ci parli del suo percorso artistico e di che cosa rappresenta per lei la musica.
Personalmente mi sento molto vicina a ciò che tempo fa confessò la nota cantautrice canadese Joni Mitchell: "ho sempre pensato a me stessa come una pittrice deragliata dalle circostanze". Anche il mio rapporto con la musica nasce per un incidente di percorso adolescenziale, momento in cui non avendo il potere decisionale di scegliere il percorso di studi che desideravo, ovvero quello artistico-pittorico, sono deragliata sull'espressività attraverso la musica e i suoni, un mondo dove oggi mi sento a casa. La musica per me è tutto ciò che è suono, abbraccia tutto il campo dell'acustica. Una composizione può nascere da suoni strumentali pensati ad hoc oppure da suoni occasionali racchiusi in una visione autoriale. Questa consapevolezza è stata maturata durante il mio percorso artistico sfociato in una laurea in musica elettronica presso il Conservatorio di Bologna. Forse, non poteva essere diversamente proprio per la mia ricerca della libertà espressiva che mi ha portato a considerare i suoni come materia, un impasto colorato che può diventare segno, gesto, stratificazione, volume. Per citare di nuovo, Joni Mitchell, compositrice che amo e a cui mi sento tanto vicina: "Sono una pittrice solitaria che vive in una scatola di colori".



Paesaggio sonoro è una suggestiva visione uditiva da lei affrontata nel suo progetto "The Sound Outside" durante il primo lockdow. Come nasce il progetto e cosa si intende per paesaggio sonoro?
The Sound Outside è un progetto collettivo in cui sono stati coinvolti professionisti del suono da tutto il mondo per documentare i cambiamenti nel paesaggio sonoro delle loro città durante il confinamento a causa della pandemia. Il progetto è stato appoggiato e lanciato dal sito soundesign.info e curato da me e la dott.ssa Sara Lenzi alla fine di marzo. Attraverso una call internazionale siamo riusciti a raccogliere più di 100 registrazioni da tutto il mondo e ad inserirle in una mappa da cui è possibile ascoltarli: clicca qui
Da questo progetto è nata anche una serie podcast con gli autori delle registrazioni (link) a cui abbiamo chiesto di condividere i loro pensieri sul rapporto tra esseri umani e suono, come la pandemia ha modificato il paesaggio sonoro urbano e come possiamo contribuire a progettarne uno migliore per il futuro. il termine paesaggio sonoro indica un ambiente acustico naturale composto da diversi elementi: i suoni della natura, degli animali compresi gli esseri umani. Ovviamente noi esseri umani siamo riusciti ad incidere molto anche sul paesaggio sonoro creando quello che si chiama "inquinamento acustico" e il lockdown ha offerto alle nostre orecchie un tipo di ascolto inedito, soprattutto nei centri urbani. Nonostante tutti i disagi che il virus ha creato noi professionisti del suono non potevamo ignorare un evento così straordinario per le nostre orecchie. Questo momento storico ci ha spinto a riflettere riguardo una riprogettazione più sostenibile del futuro utilizzando il suono come metro per indicare la qualità ambientale.



Com'è cambiato, secondo lei, l'assetto della discografia in Italia durante la pandemia e come vede il futuro della musica?
Considerato che sono sempre voluta restare ad una certa distanza dalle dinamiche della discografia di tipo commerciale, non credo di essere la persona giusta per rispondere a questa domanda. In ogni caso, da un'osservazione più generica sul panorama musicale attuale, ovviamente tutti abbiamo potuto notare i danni causati dalla pandemia relativamente alle attività dal vivo di musica e teatro. Essere musicisti non è solo una passione ma anche un duro lavoro pieno di sacrifici e scelte vincolanti. Chi fa musica per mestiere si immola a questa per la vita e in questo momento ritrovarsi senza lavoro è davvero insostenibile! Intorno a questo mondo, poi, orbitano una serie di figure professionali senza le quali non sarebbe possibile organizzare e realizzare degli eventi...siamo tutti molto in difficoltà. Ma è anche vero che gli artisti, quelli veri, sanno anche cogliere dalla crisi l'opportunità per riflettere attraverso la propria musica gli eventi del loro tempo. Quindi basta solo restare in ascolto e sperare di tornare presto a suonare dal vivo.


Lei è anche autrice dell'audio documentario “Tutta la Luce del Mondo” incentrato sul tema della disabilità visiva. Perché ha scelto questa formula per raccontare la vita dei non vedenti?
Affrontare la tematica della disabilità visiva attraverso la prospettiva esclusivamente "udibile" dell'audio documentario, mi è sembrata un'idea delicata, intima ed empatica per eliminare le barriere tra vedenti e non vedenti.
Grazie all'aiuto e alla complicità del presidente UICI della provincia di Forlì-Cesena, Fabio Strada, si è creata l'opportunità di conoscere alcune persone non vedenti perchè potessero raccontare della loro vita ed anche alcune realtà culturali come ad esempio il Centro Diego Fabbri di Forlì che si occupa di teatro e accessibilità alla cultura. Ancora molto poco si sente parlare di “accessibilità”, di testi in formato “Braille” di “audioguide” e “assistenti vocali”, "audio-descrizione" ed è per questo che ho pensato fosse importante fare qualcosa, nel mio piccolo, per dare il mio contributo sociale. E si sa, di questi tempi di confinamento è difficile la relazione tra persone vedenti...potete immaginare cosa significhi per una persona non vedente. Tra le altre tematiche mi sono occupata di scuola e didattica a distanza, intervistando insegnanti e studenti ciechi. Non ultimo, lavorare a questo progetto ha significato fare un'operazione di ricerca con specifico approfondimento sull'uso creativo del linguaggio radiofonico al fine di pianificare, progettare ed elaborare un prodotto che potesse veicolare al meglio gli obiettivi che mi ero prefissata. (link per ascoltarle Tutta la Luce del Mondo qui )

Roberta La Guardia



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