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Basilicata sempre più set..."Terra Bruciata"

3/10/2012

Fabio Segatori, al suo esordio cinematografico, scelse per “Terra bruciata” (1999) la Basilicata come location.
Dopo aver vissuto alcuni anni negli USA, lavorando come stuntman, Francesco (Raoul Bova) torna nel paese natale, in Basilicata, per il funerale degli anziani genitori, morti in quello che, apparentemente, è stato un incidente. Poco dopo Francesco arriverà ad una verità ben diversa: i genitori sono stati uccisi da Macrì (Giancarlo Giannini), boss mafioso locale, poiché il padre si era ribellato al suo potere criminale. Con l’aiuto di Maria (Bianca Guaccero, al suo esordio cinematografico), ragazza che lavorava per i genitori, di cui si innamorerà, Francesco decide di vendicare i genitori, uccidendo Macrì. Nella gang di quest’ultimo milita Tonino (Francesco Paolantoni), suo amico d’infanzia. La polizia brancola nel buio, a nulla servono le mediazioni di fra Salvatore (Michele Placido). Ma Francesco riuscirà, con uno stratagemma, a sollevare la gang rivale di Macrì, scatenando una sanguinosa guerra, di cui le prime vittime sono Tonino e la moglie di Macrì. Tra sparatorie, duelli ed inseguimenti, si arriverà alla resa dei conti finale: Francesco uccide, in un lussuoso hotel, il figlio di Macrì; il mafioso lo insegue su un’alta diga e dopo un cruento scontro corpo a corpo, il boss precipita nel vuoto. I componenti della gang vengono tutti arrestati. Francesco può, finalmente, unirsi a Maria. Ma, con uno stacco, ritroviamo Macrì, vivo e vegeto, su una spiaggia esotica, mentre medita un suo futuro ritorno in Italia.
Il film è stato girato tra Basilicata e Puglia: i Sassi di Matera, gli scavi di Grumentum, le dighe di Montecotugno e del Pertusillo, la Val d’Agri, Moliterno, Senise, Sant’Arcangelo, Aliano, Ginosa e Gioia del Colle.
Il film è stato trasmesso dalla Rai sia in prima che in seconda serata, riscuotendo buoni consensi da parte della critica, forse meno da parte del pubblico.
Una parte della critica ha individuato nel film un’influenza in stile Tarantino, un’altra parte lo ha avvicinato al filone spaghetti-western inaugurato da sergio leone.
Nel film, il francavillese Aldo Fortunato svolse un ruolo da comparsa che gli permise di respirare l’aria che tirava sul set. Abbiamo parlato con Aldo, che ci ha rivelato preziosi retroscena riguardo alla produzione.

Aldo fortunato, prima di tutto grazie della sua disponibilità. “Terra bruciata”: un bel film, ben accolto dalla crtica, meno dal pubblico. Quali sono stati, secondo lei, i successi e gli insuccessi del film, cosa ha o non ha funzionato?
E’ una cinematografia di sperimentazione, per certi aspetti “Terra bruciata” rappresenta qualcosa di innovativo: prende in giro il mondo mafioso, attraverso buffe caricature dei boss, mette in risalto la goliardia della mentalità malavitosa attraverso il grottesco, se vogliamo anche un po’ satirico; questo era lo scopo finale della regia. Sono molto d’accordo con i critici, poco con la platea che forse ha frainteso, o forse essendo, come dicevo prima, un filone quasi di sperimentazione non sia stato molto compreso il messaggio che voleva far passare.

L’opera segna il debutto di Segatori nel lungometraggio. Un debutto quanto riuscito?
Fabio Segatori è uno dei maggiori esponenti del cinema di ricerca e di sperimentazione in Italia; credo che questa sua prima opera abbia rappresentato per lui una svolta, non tanto per il pubblico, ma soprattutto per gli addetti ai lavori.

Un cast d’eccezione: Bova, Giannini, Placido, Paolantoni, Guaccero e tutti gli altri. Com’è stato lavorare con loro?
Con alcuni di loro avevo già lavorato, nel 1998, nel film diretto da Michele Placido “Del perduto amore”, con Fabrizio Bentivoglio e Giovanna Mezzogiorno, quindi, ci conoscevamo. Altri li avevo già incontrati in teatro: Francesco Paolantoni e Costantino Carrozza. Ma avendo avuto la fortuna di lavorare con Giancarlo Giannini, sono rimasto sorpreso non dalla sua mostruosa bravura, cosa ovvia e scontata, ma dalla sua grande disponibilità, cosa rara nel nostro ambiente.

Quanta Basilicata c’è o non c’è nel film?
Non c’è Basilicata in “Terra bruciata”, se non nelle location. La Basilicata non è una terra mafiosa, nel senso più compiuto del termine, non c’è una organizzazione criminale intesa come struttura organizzata e radicata sul territorio, anche se sono presenti forme subdole e non meno pericolose di criminalità. Credo che la produzione abbia voluto descrivere una realtà meridionale, più che specificamente lucana.

Nicoletta Fanuele



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