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Tamponi antigenici rapidi: ‘’si, ma a certe condizioni’’

10/01/2021

Si potrebbe riassumere così il contenuto dell’ultima Circolare del Ministero della Salute “Aggiornamento della definizione di caso COVID-19 e strategie di testing” pubblicata il giorno 8 gennaio 2021 e considerata una sorta di approvazione ufficiale dei tamponi rapidi.
Il documento, pur destinato alla classe medica e a carattere fortemente tecnico, merita di essere conosciuto per alcuni aspetti di forte impatto sociale.
Innanzitutto esso fornisce una nuova definizione di caso sospetto covid, scongiurando il rischio che sintomi minori, quali un semplice starnuto o raffreddore, suscitino allarme, in particolare in ambito scolastico.
Si considera “caso possibile” una persona che soddisfi i criteri clinici (presenza di almeno uno dei seguenti sintomi: - tosse - febbre - dispnea - esordio acuto di perdita dell’odorato o perdita/alterazione del gusto; sintomi meno specifici possono includere cefalea, brividi, dolori muscolari, astenia, vomito e/o diarrea).
Si considera “caso probabile” una persona che, oltre a soddisfare i criteri clinici, abbia avuto un contatto con un caso positivo o sia residente in ambiente comunitario (sanitario, RSA ecc,), o abbia un quadro radiologico tipico.
Si considera “caso confermato” una persona che abbia un test molecolare positivo oppure, a determinate condizioni, anche un test antigenico rapido positivo. Entrambi i test vengono eseguiti mediante tampone nasofaringeo ma è il test molecolare il gold standard internazionale per la diagnosi di COVID-19 in termini di sensibilità e specificità.
In commercio sono disponibili centinaia di tamponi antigenici rapidi ma non tutti hanno una sufficiente affidabilità, per definire la quale si usano due parametri fondamentali: la “specificità” cioè la capacità di rilevare solo le infezioni da Sars Cov2 e non quella da altri coronavirus, la “sensibilità” cioè la capacità di rilevare tutti i casi realmente positivi.
Se il test rapido è dotato di scarsa specificità si rischiano molti “falsi positivi”, casi cioè che non vengono confermati al successivo test molecolare, come è avvenuto nei giorni scorsi a Matera.
Se il test rapido è dotato di scarsa sensibilità si rischiano molti “falsi negativi” che tali in realtà non sono.
Per essere considerato affidabile un test rapido dovrebbe possedere una soglia minima di specificità (uguale o superiore al 97%) e di sensibilità (uguale o superiore all’80%).
La sensibilità e specificità dei test di prima e seconda generazione tendono ad essere inferiori a quelli del test molecolare e variano sensibilmente in funzione sia del momento di prelievo del campione e sia della maggiore o minore circolazione del virus: andrebbero impiegati di preferenza nei pazienti con sintomi (entro massimo il 5° giorno) o quando la prevalenza del virus è alta, superiore almeno al 10% della popolazione (in tal caso è probabile che la positività di un test antigenico rapido sia indicativa di una vera infezione, non richiedendo conferma con test molecolare). I test di prima e seconda generazione possono essere utilizzati anche per gli screening di comunità (ambito scolastico e lavorativo) perché il rischio di risultati falsi negativi è bilanciato dalla tempestività dei risultati e dalla possibilità di effettuare test periodici.
I test antigenici rapidi di ultima generazione, dotati di altissima specificità e sensibilità, hanno una affidabilità simile ai test molecolari e possono rappresentare una valida alternativa a quest’ultimi.


La Circolare deI Ministero della Salute non riporta l’elenco dei test più affidabili (rinviando ad una lista stilata da una fondazione indipendente) ma stabilisce comunque l’obbligo di tracciabilità nei sistemi informativi regionali tanto dei test molecolari che di quelli rapidi, anche se effettuati da laboratori, strutture e professionisti privati accreditati dalle Regioni.
Nell’ottica di scoraggiare la pratica dei tamponi “fai da te” la Circolare, dopo aver chiarito che “il test fatto in farmacia o in laboratorio a pagamento e risultato negativo non necessita di ulteriori approfondimenti” (sempre che non riguardi contatti stretti di positivi) raccomanda che “anche in presenza di un test negativo la presenza di sintomi sospetti deve indurre a contattare il medico curante per gli opportuni provvedimenti”.
Con un grafico riepilogativo il Ministero della Salute delinea i due contesti, tra loro molto diversi, entro cui vanno a posizionarsi i test rapidi: il contesto a “finalità diagnostica” che riguarda i soggetti sintomatici (dove sono preferibili i test di ultima generazione ed anche il test negativo richiede la conferma con il test molecolare) ed il contesto con “finalità di screening” che riguarda i soggetti asintomatici.
I test rapidi positivi richiedono sempre la conferma tramite test molecolare o test rapido di ultima generazione; i test rapidi negativi richiederanno anch’essi una conferma, non solo nel caso citato di soggetti sintomatici, ma anche quando la campagna di screening indirizzata agli asintomatici avvenga in contesti con alta circolazione del virus.

Dott. Erasmo Bitetti
Presidente provinciale SIMG (Società Italiana di Medicina Generale)




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