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Comunicato WWF su Centrale del Mercure

18/01/2019

A pochi metri dal confine con la Basilicata, in Calabria, nel Parco Nazionale del Pollino, è stato scoperto il Pino più vecchio d'Europa, ed è stato battezzato dai ricercatori con il nome di "Italus” in memoria del re di Enotria. L’albero da 1.230 anni presidia una delle aree più incontaminate d’Europa ed ha osservato in tutti questi anni la natura che cambia. E sempre in Calabria, nella Valle del Mercure , in territorio di Laino Borgo in provincia di Cosenza, a poche centinaia di metri dai comuni di Castelluccio Inferiore, Rotonda e Viggianello in provincia di Potenza, in pieno Parco Nazionale del Pollino, insiste un impianto a biomasse vegetali con una potenza produttiva di energia elettrica pari a 41 megawatt, meglio noto come la “Centrale del Mercure”, una centrale elettrica realizzata dall’Enel nella valle del Mercure negli anni “60, alimentata inizialmente a lignite e poi a olio combustibile, dismessa nel 1997 e successivamente riconvertita a biomasse.
Con l’istituzione del Parco Nazionale del Pollino nel 1993 e con l’individuazione di due Zone di Protezione Speciale (ZPS) da parte dell’Unione Europea nel 2007, la centrale non avrebbe avuto più motivo di esistere in un’area protetta, ricosciuta in svariati ambiti scientifici vero scrigno di biodiverità, al cui interno vivono specie protette dalle direttive Europee anche in via di estinzione. Ma, invece di procedere allo smantellamento dell’impiato, nel 2000 il proprietario della centrale ha proposto di riconvertire l’impianto attraverso l’alimentazione a biomasse, praticamente “uno schiaffo al territorio” nel Parco nazionale più grande d’Italia.
A nulla sono valse le opposizioni, sia da parte dei cittadini della Valle attraverso vere e propie mobilitazioni e manifestazioni, che da parte delle amministrazioni comunali locali e delle Associazioni ambientaliste locali e nazionali. Opposizioni già manifestate quando la centrale era in funzione ed ancora non era stato istituito il Parco nazionale. Nonostante i vari ricorsi presentati al TAR, tra cui quello del WWF, la centrale è ancora li in piena attività e sta generando danni a specie protette, sia per gli agenti inquinanti atmosferici che per l’inquinamento acustico dovuto al transito giornaliero dei circa 24 camion che approvvigionano di biomassa l’impianto, che tra l’altro passa come impianto ad energia rinnovabile. E ciò avviene, giova ricordarlo ancora una volta, oltre che in pieno parco anche in una zona di protezione speciale, quella del “Pollino Orsomarso”, e di un sito di interesse comunitario, la “Valle del fiume Lao”, senza sottovalutare poi i rischi per la salute umana dervante dalle polveri sottili e ultrasottili, cancerogeni per l’uomo, diossine e metalli pesanti.
A tutto questo si aggiunge la questione legata alla deforestazione, al traffico di legname, al dissesto idrogeologico e alla criminalità organizzata, che rappresenta una realtà preoccupante di cui se ne è occupata anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Intanto l’Enel ha continuato nel suo business cedendo alla società F2i SGR l’intero portafoglio di impianti a biomassa vegetale del gruppo.
In definitiva oggi l’inquinamento continua a discapito della biodiverità e della salute umana, ragioni per cui il WWF chiede l’intervento immediato del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa affinché faccia luce sull’intera vicenda e blocchi l’impianto prima che provochi ulteriori e irreversibili danni all’ecosistema.



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