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Anche dalla Basilicata uniti per l'Uruguay ai Mondiali. Ecco perchè

14/06/2018



Se non può essere azzurro, facciamo che almeno sia celeste: potrebbe essere questo lo slogan di una iniziativa molto particolare e destinata a rafforzare un ponte tra l’Italia e l’Uruguay. Tutto nel nome del calcio e dei Mondiali in Russia, cominciati ufficialmente in queste ore. Archiviata la delusione per la mancata qualificazione della Nazionale italiana, infatti, esiste una generazione di tifosi che non solo non si arrende e non accetta di stare soltanto a guardare, ma che, a ben vedere, ha deciso di creare un movimento per sostenere, appunto, l’Uruguay. L’idea parte da tre paesi del sud, tra cui Lauria, ed è nata da Giuseppe Petrocelli, giornalista e autore del documentario ‘Pequena Lauria’ dedicato proprio alla comunità lauriota in sud America, Pascual Farina, medico italo-uruguaiano che vive in provincia di Avellino e Mario occhinero, italo-uruguaiano che vive in provincia di Cosenza ma è nato a Montevideo da genitori italiani. In rete l’iniziativa è diventata un gruppo facebook che si chiama “Italiani per la Celeste”.
“Faremo il tifo per la Nazionale dell'Uruguay, per almeno 4 motivi- ci racconta Petrocelli- perché l'Uruguay è il Paese estero più italiano al Mondo, perché a Montevideo e dintorni pasta e pizza fanno parte della vita quotidiana, perché gli uruguaiani si rivedono nei nostri stessi valori più profondi (amicizia, generosità, semplicità, famiglia). Ma soprattutto perché anche in Uruguay il calcio è metafora di qualcosa che va ben oltre un semplice pallone che rotola. A questi, mi piacerebbe aggiungerne un altro, che ha a che fare con la stretta attualità: perché l’Uruguay è sempre stato un Paese aperto che ha accolto e continua ad accogliere tutti a braccia aperte.
Tra la prima metà dell’Ottocento e il 1950 furono circa 700mila gli italiani che arrivarono in Uruguay. Il 40% degli attuali 3milioni di cittadini uruguaiani ha discendenza italiana. Quella italiana è la comunità che ha inciso di più nello sviluppo di quel Paese.
Qui tutto parla del nostro Paese, l'Italia: i nomi delle persone, i modi di dire, quello che vedi, quello che mangi, quello che apprezzi. Questo fu il Paese che accolse Garibaldi, ma soprattutto fu la terra della speranza per tanti e tanti del mio paese, Lauria, e della Basilicata che qui trovarono ciò che la povertà, il fascismo e la guerra avevano loro tolto. Ovvero, la dignità.
Questa è una nazione che conosce bene la parola dignità: la gente di questo Paese, stretto fra due giganti come l'Argentina e il Brasile, sperimenta infatti sulla propria pelle cosa significa lottare quotidianamente per la propria sopravvivenza. Per poter dire ogni giorno: io ci sono, io esisto.
Per capire un po’ dello spirito uruguayo invito a leggere l'emozionante lettera di incitamento dell’allora Capitano della Celeste Diego Lugano, prima della partita Uruguay-Italia al Mundial 2014 in Brasile: Ogni Mondiale ci serve per riscoprire che noi uruguaiani non siamo come gli argentini, i tedeschi, i brasiliani, gli spagnoli o gli inglesi. Noi non beviamo il thé alle 5, beviamo il mate, e a qualsiasi ora. Mangiamo asado, giochiamo al "truco", amiamo il calcio e siamo capaci di sognare l’impossibile. Siamo piccoli, ma vogliamo essere giganti. Nel nostro destino ci sono gli sforzi e i miracoli. E la nostra passione sono state, sono e sempre saranno le sfide”.

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