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NoTriv: ‘i muri di ghisa leghisti infrangono i sogni pentastellati’

3/01/2019

Da qualche giorno la Finanziaria 2019 è legge a tutti gli effetti: reca il numero 145 del 30 dicembre 2018 ed è in Gazzetta Ufficiale dal giorno seguente.
Una prima lettura delle 211 pagine di cui consta l'articolato non rileva traccia di alcune innovazioni riguardanti le "trivelle", di cui erano stati preannunciati i contenuti nel corso del tormentato iter di discussione ed approvazione.
Non di un primo emendamento -inutile e, comunque, dichiarato inammissibile dalla Commissione Bilancio del Senato per estraneità di materia- presentato da Pirro ed altri, concernente l'abrogazione del carattere strategico nazionale e di pubblica utilità delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi.
Inutile, si diceva, in quanto il carattere di strategicità delle attività "petrolifere" risulta già abrogato dalla Legge di Stabilità 2016 che ha recepito il contenuto di uno dei quesiti referendari No Triv depositati in Cassazione del settembre 2015.

E neppure di una seconda proposta -qualla sì più interessante e corposa- che alcuni mezzi di informazione hanno attribuito al Sottosegretario Davide Crippa ("voci di emendamento", secondo il Corriere di Romagna del 16 dicembre, confermate da Public Policy): ove recepita in manovra, avrebbe determinato una moratoria di nuove attività estrattive per la durata di 2 anni e la reintroduzione del Piano delle Aree, strumento necessario per individuare le zone da interdire a qualsiasi attività "petrolifera".

Abrogato dalla Legge di Stabilità 2016, il Piano Aree era stato oggetto nella scorsa legislatura di ben quattro distinti disegni di legge (S.2773 di Casson, Girotto e Ricchiuti; C. 4313 di Segoni ed altri; C.4364 di Parentela; C.4378 di Melilla), come richiesto dal Coordinamento Nazionale No Triv che è tornato a riproporlo di recente nell'ambito del "Pacchetto Volontà" sottoposto all'attenzione del Ministro Di Maio.

Invece la moratoria, se approvata, avrebbe determinato dal canto suo la sospensione dei numerosi procedimenti in corso riguardanti istanze per nuovi permessi di ricerca (es.: il discusso "Masseria La Rocca" di Eni, Total e Rockhopper Exoploration) e nuove richieste di concessione di coltivazione.

Secondo Public Policy, ad inizio dicembre l'idea del Governo sarebbe stata più articolata, prevedendo anche "il lancio di un Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee", volto a "fornire un quadro di riferimento per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi".

Le reazioni del mondo Oil&Gas (non solo quelle di Confindustria ma anche quelle di Femca-Cisl) sono state tali da spingere e costringere la Lega ad intervenire per stroncare sul nascere qualsiasi velleità dei Cinque Stelle, sull'onda lunga della strigliata ricevuta da Salvini dal blocco del Sì Tav, da Confindustria e dalle altre associazioni di categoria in occasione del famoso incontro del 9 dicembre al Viminale.

E così è stato: la volontà di assicurare la stabilità del Governo ha prevalso su tutto il resto.

Questo ha fatto sì che il 20 dicembre scorso il Segretario della Lega Nord Romagna nonché Sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, abbia potuto dichiarare con la massima tranquillità: "Da giorni si sentono voci che seminano allarme ingiustificato nel comparto del settore energetico del Paese e, in particolare, del ravennate. Nel testo della manovra uscito dalla Camera non era presente nessuna voce in tal senso e, al Senato, l’emendamento Movimento 5 stelle che, secondo notizie stampa, sarebbe stato recepito dal ministero dello Sviluppo economico, è stato considerato al contrario inammissibile. Dunque, tanto rumore per nulla. Emerge tuttavia sempre più palese l’obiettivo di usare illazioni per creare scontento e diffondere timori gratuiti e illegittimi nei confronti dell’attività del Governo".

I sogni di quella parte del M5S più incline all'ascolto dei movimenti sono andati ad infrangersi sul veto della Lega e, probabilmente, anche contro la volontà del Presidente del Consiglio, garante del mantenimento di equilibri e di accordi internazionali su Tap, importazione gas liquefatto dagli Usa, ecc..

Dopo l'approvazione della manovra la faccenda "trivelle" appare ancor più complicata: a fronte delle decine di istanze di permesso che si trovano nella fase decisoria, la componente pentastellata del Governo non è in grado di imporre all'alleato i cambiamenti normativi necessari affinché le strutture tecniche del Mise -e non il Consiglio dei Ministri che non ha competenza nella gestione dei procedimenti amministrativi- possano astenersi dalla firma dei decreti di rilascio dei permessi.

Il nodo è politico ancor prima che tecnico: come pensa M5S, in siffatta situazione, di bloccare il far west delle trivelle, Masseria La Rocca compresa?

La vicenda Tap purtroppo insegna.



Coordinamento Nazionale No Triv



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