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La voce della Politica
Tre proposte di una docente per sostenere la scuola lucana |
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16/07/2016 | Un declino sociale, economico e politico si può arrestare? Oppure non resta che contemplarne il percorso? Non si tratta di domande banali in un momento difficile, per alcuni versi addirittura drammatico, dell’Europa e quindi dell’Italia e della nostra regione.
Per affrontare le questioni centrali delle condizioni di lavoro e di vita esistono due strade: la prima, largamente usata e praticata, si attesta sulla contemplazione, la lamentazione e la protesta, perché la colpa di ciò che accade è sempre degli altri. La seconda via, assai osteggiata perché faticosa e perché impone studio, progettazione, impegno, lotta, bandisce la genericità dell’approccio, la superficialità delle analisi ma soprattutto combatte l’effetto di realtà. La realtà virtuale che schiaccia quella reale e diventa luogo mentale, modo di pensare e di vivere.
In Basilicata, in particolare, si è di fronte a una situazione dove sono scomparse la priorità, la programmazione delle risorse, la messa a punto di soluzioni dei problemi che riguardano noi e l’intero Paese e l’Europa.
Andiamo ai fatti. Con scadenza rituale e con precisione digitale, ogni anno ad agosto si contano le cattedre perse nelle scuole, anche a seguito della riduzione della popolazione, esito del trinomio emigrazione/calo della natalità/invecchiamento. Ogni anno si apre il dibattito, si solleva il problema, si individuano le responsabilità (sempre esterne al territorio) e si tenta di attenuare i tagli con qualche misura di sollievo.
È noto che la questione della caduta demografica non riguarda solo la Basilicata ma percorre l’Italia lungo tutta la linea appenninica. Lo spopolamento di questo asse nutre la crescita delle metropoli in Italia e all’estero, con ricadute che condizionano il tessuto economico, il paesaggio agrario e urbano, la qualità dei servizi e i livelli occupazionali. In definitiva, la qualità del lavoro e di vita. È una catena inestricabile, dove ogni anello fissa tempi, modalità e contenuti di un abbassamento della gestione delle risorse materiali e umane.
Va da sé che se a livello politico, sindacale, economico e sociale non si tiene conto di tutte queste variabili dipendenti e degli effetti negativi derivanti soprattutto dalla questione demografica non sarà possibile tornare ai livelli di crescente sviluppo del Novecento con gli aspetti positivi e negativi che ne seguiranno.
Se parliamo di scuola (ma possiamo applicare le medesime considerazione anche ad altri settori), occorre prendere atto che tutto è connesso al numero delle persone che partecipano ai percorsi formativi. Non a caso, in questi giorni si discute con varie iniziative (riunioni di sindaci, mozioni consiliari, prese di posizione) su due questioni: il futuro della scuola lucana in relazione ai nuovi tagli di organico e i trasferimenti fuori regione dei nuovi assunti. Siamo di fronte a una scuola in sofferenza, anche per gli effetti della recente riforma.
Vi è la possibilità di invertire questa tendenza? Vi sono ipotesi di lavoro per contrastare i prevedibili esiti? Vi è la consapevolezza di dover mettere al primo punto dell’agenda politica lucana la vicenda della scuola di Basilicata legata, come già detto, alla questione demografica? Difficile rispondere. Ciò che però si nota è una situazione di estrema confusione aggravata dall’assenza di programmazione di interventi coerenti e specifici.
Predisporre misure adeguate non è cosa semplice, così come elaborare proposte e programmi in uno scenario tanto complesso; tuttavia, sulla base dell’esperienza maturata a scuola e all’interno del movimento sindacale negli ultimi due anni, recuperando le analisi raccolte in diverse circostanze, a mio giudizio, sarebbe opportuno che il Consiglio regionale si esprimesse sui temi che riguardano la scuola (e non solo con mozioni), per alleggerire il carico dei trasferimenti, indicando criteri per il piano regionale scolastico ed elaborando, insieme alle parti sociali, misure concrete e specifiche da proporre anche al Governo nazionale attraverso la Conferenza Stato-regioni, e al Miur.
Qualche giorno fa ho avuto modo di ascoltare durante la Conferenza sulle agromafie, a cui ha partecipato anche il procuratore Gian Carlo Caselli, un accorato intervento del presidente della Giunta della Regione Basilicata, il quale ha rivendicato la “cultura del fare” e del “cambiamento”. È possibile allora “fare” e “cambiare” anche nel mondo della scuola lucana pur nella complessa situazione nazionale? La convinzione che la risposta possa essere affermativa si radica anche nelle tante proposte emerse nelle riunioni degli organismi sindacali confederali. Occorre innanzitutto allargare la platea degli studenti, riportando a scuola con una grande operazione di alfabetizzazione i circa 70.000 giovani e adulti lucani iscritti al collocamento che possiedono solo il titolo del primo ciclo di istruzione. Si tratta di un esercito di persone che ha bisogno di riprendere il percorso interrotto per innalzare le capacità culturali e formative. Senza di questo rimarranno disoccupati.
In questo processo di innalzamento culturale e di qualifica occorre inoltre coinvolgere le migliaia di migranti che vivono e lavorano in Basilicata, prevedendo per i circa 2.000 stranieri richiedenti asilo e ospitati in diversi comuni della regione percorsi mirati di apprendimento della lingua italiana come L2 e corsi di Cittadinanza. Su questo non si parte da zero: negli ultimi anni le istituzioni hanno organizzato attività per adulti e migranti che hanno dato buoni risultati.
A questo punto però occorre centrare l’obiettivo ambizioso di una grande rete che fortifichi la scuola lucana e i livelli culturali e occupazionali con le risorse locali, statali e dell’Unione Europea (POR FSE Basilicata 2014-20 - Obiettivo tematico 10 “Investire nell’istruzione, nella formazione e nella formazione professionale per le competenze e l’apprendimento permanente”).
Non tutto e subito, certo. Ma mediante un percorso di costruzione di una alternativa al presente.
Maria Rosaria D’Anzi
Docente - Comitato direttivo di Potenza FLC CGIL
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