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L'associazione Recupero Tradizioni Ruotesi presenta il calendario ruotese 2017

19/12/2016

Ormai è un appuntamento consolidato l'uscita del calendario Ruotese (2017), siamo al 17° anno, per ogni anno un tema diverso, quest'anno è stato dedicato al nostro tratto stradale che attraversa il paese, la Via Appia SS.7, si è voluto raccontare la vita del popolo Ruotese attraverso la sua strada, ma anche una denuncia pubblica, per lo stato di abbandono e maltrattamento in cui versa il tratto stradale.
Proprio una grande regina, insomma, questa strada.
E allora chiedo venia ai lettori, soprattutto se concittadini orgogliosi nella convinzioni di calpestare quotidianamente una strada di cotanto spessore, ma la via Appia che attraversa Ruoti, non è la “Regina Viarum” degli antichi romani; si tratta, in realtà, della Strada Statale 7 Via Appia (SS7), istituita nel 1928, su una strada preesistente, che collega Roma a Brindisi ed entra in Basilicata nel Comune di Pescopagano proseguendo con un tracciato tortuoso verso Castelgrande, Muro Lucano, Ruoti, fino all’arrivo nel capoluogo di Potenza.
Sebbene non abbia l’importanza che le si potrebbe attribuire dal suo ingannevole nome, la via Appia che attraversa il nostro “paesello”, nel suo piccolo, ha vissuto, a volte da protagonista, a volte da semplice spettatrice, numerose ed importanti vicende.
Di epoca più recente, il passaggio del noto Giro d’Italia, appuntamento pressochè costante fino a 15 anni fa. Negli anni ’20 è stata colpita da una devastante alluvione causata dall’esondazione della fiumara. Il ponte, che permetteva di raggiungere il comune di Baragiano e le frazioni circostanti, fu spazzato via, ma, dopo la catastrofe, ne fu ricostruito un altro, “ad arco”, da un Impresa di Costruzioni di Roma (Ingg. Provera Carrassi&C.), inaugurato il 28/10/1932 e il coordinatore dei lavori fu Nicola Mutalipassi, allora impiegato dell’Anas e responsabile del tratto Potenza-Ruoti-Baragiano.
Vide, poi, il passaggio di Mussolini nel 1936, giunto a Ruoti per inaugurare l’edificio scolastico, ora Sede del Municipio, situato proprio lungo la Via Appia.
E numerose furono le vicende a cui la strada dovette assistere durante la guerra mondiale, o meglio, alla fine della guerra, perché nei territori del Meridione le fasi più terribili iniziarono proprio allora. La notizia dello sbarco degli angloamericani provocò la ritirata delle truppe tedesche, ma alcune di queste riuscirono a sfuggire all’accerchiamento e moltissimi paesi della Lucania, fino ad allora non raggiunti dalle distruzioni della guerra, vennero investiti nei mesi di settembre e ottobre 1943 dagli scontri tra forze angloamericane e tedesche. A Ruoti, proprio poche ore dopo la notizia dell’armistizio, iniziarono e perdurarono per giorni i bombardamenti di centinaia di aerei. Le divisioni tedesche accelerarono la ritirata e Ruoti, a cavallo dell’Appia, si trovò proprio al centro del fronte in movimento. La strada fu totalmente occupata da carri armati, traini di cannoni e grandi cingolati tedeschi, che, al loro passaggio, scuotevano il terreno e riempivano l’aria di fumo lasciando gli abitanti di Ruoti attoniti di fronte ad uno spettacolo mai visto prima. Fu allora che, in prossimità della cappella del Calvario, allora zona non abitata, giunsero tre aerei: volando a bassa quota, iniziarono a bombardare e numerose esplosioni avvolsero i carri. Dopo alcune ore, molti ruotesi cercarono di avvicinarsi e di spegnere le fiamme, ma per alcuni non ci fu niente da fare e, ai margini della strada, in corrispondenza del cosiddetto “Chįuppe Palumme”, furono piantate cinque croci che, per anni, segnarono la sepoltura di quei soldati e accanto alle croci, i resti dei carri armati divennero presto il luogo preferito dei giochi dei bambini.
Ventiquattr’ore dopo il transito sull’Appia dell’ultimo panzer tedesco in ritirata, giunsero a Ruoti le avanguardie canadesi delle truppe angloamericane; rassicurate dalle informazioni ricevute dai ruotesi della definitiva ritirata dei tedeschi, proseguirono la loro marcia in direzione di Baragiano, ma proprio lungo i tornanti della strada in discesa verso la fiumara, vennero colpite dai tiratori della retroguardia tedesca che si erano annidati tra gli anfratti di un canalone; cannoni e mitragliatrici diedero fuoco per ore e lo scontro si fece più aspro con il sopraggiungere dei reparti corazzati dei Canadesi e i carri armati, cannoni e autocarri delle divisioni americane e inglesi.
Oltre a questi singolari eventi, la via Appia costituiva l’unico modo per raggiungere Potenza.
Negli anni ’20 non era ancora asfaltata e il veicolo più comune era il mulo; per il trasporto delle merci dalla Stazione Inferiore di Potenza, si utilizzava un traino con due enormi ruote mentre, a volte, come mi raccontava il nostro caro Nicola Iacouzzi, quando si formava un gruppo di quattro viaggiatori, c’era la carrozza di “že Gesèppe Bangunde” (Giuseppe Labriola), uomo dotato di una pazienza immensa che, a bordo di quel veicolo traballante, conduceva il gruppetto lungo la sconnessa Via Appia, fino a Potenza, con un viaggio che poteva durare fino a quattro ore; e al ritorno, portava con sé il sacco della posta che consegnava religiosamente all’ufficio postale permettendo ai ruotesi di comunicare con i parenti lontani. Per i ragazzi quello era un viaggio avventuroso: curve severe, piene di pericoli, per seguire le curve di livello e superare lo scarto di più di cento metri, per percorrere i dieci chilometri fino a Montocchio, cima dell’Appennino e vero castigo che, d’inverno, rimaneva ostruito sotto vari metri di neve, lasciando il paese isolato per diversi giorni.
Ebbene sì, perché la Via Appia, nel processo di antropizzazione del territorio, costituisce un percorso di crinale secondario, grazie al quale, dai percorsi di crinale principale (situati lungo l’Appennino), si sono creati gli insediamenti di alto promontorio, e da essi, i percorsi di controcrinale sintetico, come il Tratturo Regio e i tratturi vari che conducevano nelle campagne. Essa è stata, tuttavia, per molti anni, solo una strada di collegamento con i paesi circostanti; solo negli anni ’70-‘80 la Via Appia è stata interessata da un massiccio sviluppo urbano e, da allora, il centro vitale del comune si è spostato dalla zona storica, ora quasi del tutto disabitata, alla Via Appia, lungo la quale si svolgono, ora, le principali attività.
Ad ogni modo, la via Appia, e, come essa, tutti i percorsi sono la prima strutturazione di un ambiente perché sarebbe impossibile esercitare qualsiasi attività in un luogo se prima non lo si è raggiunto. E da sempre, la strada, è stata sinonimo del viaggio e della vita per cui auguro a tutti voi di percorrere nel migliore dei modi le strade della vostra vita.



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