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Moliterno: stasera la proiezione del film Giusva di Patierno

2/11/2011

E anche se il suo volto lentigginoso era già noto al (grande) pubblico per aver lavorato in alcuni Caroselli e nello sceneggiato “La fiera della vanità” di Anton Giulio Majano, Valerio (per tutti Giusva) Fioravanti divenne una piccola star di quella televisione che negli anni sessanta poteva mettere davanti al piccolo schermo quindici-venti milioni di italiani (un sogno per una fiction o un reality della tv attuale). Era il piccolo e amabile Andrea della “Famiglia Benvenuti”, serie in sei episodi con Enrico Maria Salerno e Valeria Valeri che narrava le vicende (intrise di buoni sentimenti) di una famiglia italiana della media borghesia. All’epoca l’enfant prodige Fioravanti aveva dieci anni e davanti a lui si prospettava una sfolgorante carriera di attore. Solo un decennio dopo ( e sembrerà essere trascorsi chissà quanti altri anni) invece passerà alla cronaca, insieme alla compagna Francesca Mambro, per uno dei terroristi di destra più spietati, condannato per un bel numero di omicidi e riconosciuto da una sentenza definitiva esecutore materiale della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Oggi Giusva Fioravanti, dopo aver pagato il suo prezzo con la giustizia e scontato ventisette anni di detenzione, lavora con la Mambro a “Nessuno tocchi Caino”, associazione che si batte contro la pena di morte e per la difesa dei diritti e l’autodeterminazione dei popoli. Oggi è un’altra persona, il piccolo personaggio di successo della tv, il fondatore dei Nar (Nucleo Armato Rivoluzionario) , il folle omicida non esistono più, anche se il passato, specie quello della lotta armata, del dolore, dei lutti procurati in tante persone e famiglie, è un subbuglio che non lascerà pace alla sua coscienza finché avrà respiro. Quella di Fioravanti è una vita, una storia troppo ingombrante, e volerla raccontare, farla conoscere a chi non sa può mettere non poco impaccio. Ci ha provato con molto coraggio (e pure con il pudore e il distacco necessario) Francesco Patierno, un regista con all’attivo oltre un centinaio di spot pubblicitari e conosciuto per aver firmato uno dei più bei e difficili film degli ultimi dieci anni, “Pater familias” (2002). Con il documentario “Giusva” (2011) il regista napoletano ha tessuto “la vera storia” dell’ex-attore-terrorista, e nel cimento di rimettere insieme i pezzi del mosaico di una vita non potevano fare da collante le trame oscure della strategia della tensione, i fatti politici e di sangue che costellarono uno dei decenni più terribili del novecento. Seguendo un flusso filmico che può essere tipico del genere di azione ed insolito per un documentario, Patierno coinvolge lo spettatore in quella che può essere considerata la parabola di Fioravanti , dall’essere uno degli attori-bambini più amati dagli italiani al terrorista più ricercato d’Italia, responsabile della morte di giudici, poliziotti, compagni provenienza dalla stessa matrice politica. Un racconto duro come è spigolosa la testimonianza dello stesso Fioravanti negli ultimi dieci minuti del film. Qui è lui stesso a spiegare la scelta quasi forzata di mettersi dalla parte del torto (nel senso del male) ed andare a sbattere
nell’ autodistruzione. Lui che fascista non era e finì per esserlo per un contorto eccesso d’ amore verso il ribelle fratello minore, i genitori mussoliniani e “una moglie temperalmente di destra”. Ma commenta pure la scelta di difendere il “proprio onore” sulle responsabilità accorpatagli addosso in merito alla strage di Bologna (chi scrive su questo episodio è certo dell’innocenza sua e della Mambro), inoltre confessa del timore che il male da lui commesso possa un giorno inveire e rivalersi sulla figlia. “Io ho paura per mia figlia - ammette - ho questa idea che la vita si vendicherà. Non ho la percezione di aver saldato il debito. Qualcosa potrebbe tornarmi contro...” E’ sempre terribile andare a rimestare in certi percorsi di vita dalle folli deviazioni in un Paese fortemente difficoltà quando deve fare i conti con la propria storia, specie quella più recente, ma il documentario - il cui dvd è allegato ad un volume uscito di recente per la collana “Le radici del presente” della Sperling & Kupfer e curato da Andrea Colombo, Nicola Rao e Luca Telese – vuole solo cercare di capire come un’esistenza assolutamente normale è andata poi a deragliare sul binario folle della violenza. Il film di Patierno si ferma qui, ma l’ impegno ormai da oltre quindici anni con “Nessuno tocchi Caino” ci permette di riconoscere in Fioravanti (e Francesca Mambro) una persona che vive per tramutare in positivo, a difesa della vita, dei diritti, quello che aveva negato imbracciando la lotta armata. E’ un ritorno alla vita il suo, una vittoria della stato, che certo non cassa, il dolore, le morti, i lutti, ma può aiutare tutti a confrontarci meglio con storia.




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