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La filosofia del piacere

22/09/2011

“Mi baci con i baci della tua bocca! Si, le tue tenerezze sono più dolci del vino. Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti amano. Attirami dietro a te, corriamo…
Come sei bella, amica mia, come sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe, dietro il tuo velo”.
Gli uomini manifestano il loro amore come sublime espressione dello spirito, da sempre. Forse in futuro non sarà più così in quanto le fondamenta su cui questo sentimento poggia potrebbero crollare definitivamente. Ci sono teorie secondo cui gli esseri viventi sarebbero contenitori di minuscoli agglomerati costituiti da pochi elementi chimici ai quali spetterebbe il ruolo di veri padroni del mondo vivente. Queste entità avrebbero dato vita a dei contenitori sicuri, gli organismi, che permetterebbero loro di replicarsi, migliorarsi e tramandarsi all’infinito. Secondo tale ipotesi tutti gli organismi viventi avrebbero il compito di garantire l’immortalità di queste entità fondamentali chiamate “geni”. Sembrerebbero teorie strampalate, ma basta guardare la realtà con una lente, neanche tanto potente, per far sì che qualche dubbio si affacci all’orizzonte. L’aspetto interessante è però ancora un altro: dato che gli organismi sarebbero solo dei veicoli atti a tramandare i “geni immortali” i meccanismi che sono alla base della trasmissione del materiale genetico da un individuo all’altro verrebbero ad essere prioritari su tutti gli altri: è l’istinto riproduttivo che si estrinseca attraverso la sessualità. In questo modo quando i “vettori” invecchiano o si usurano vengono sostituiti da altri più giovani ed efficienti, soddisfacendo la condizione primaria che ne giustificherebbe l’esistenza: permettere ai geni di sopravvivere alla morte dell’organismo che li ospita. A suffragare la consistenza di una tale teoria vi sarebbero proprio alcuni peculiari comportamenti degli animali che sacrificano la vita dell’individuo alla conservazione della specie. Anche l’uomo, fino ad oggi, non ha fatto eccezione a questa regola e lo scarso controllo sugli impulsi nella fase dell’innamoramento o l’istinto genitoriale ne forniscono ampia testimonianza. Anche se il vero senso di tutto ciò ancora ci sfugge possiamo affermare quindi che l’impulso legato alla sessualità risulta prioritario su tutti gli altri, persino rispetto all’istinto di sopravvivenza. Per rafforzare questo meccanismo già tanto potente la natura ha aggiunto un altro elemento: il piacere. Questi diventa un ulteriore elemento vincolante sui comportamenti animali in quanto il cervello registra la sensazione di piacere e tende a riprodurla il maggior numero possibile di volte. Il nostro non vuole essere un discorso scientifico bensì di speculazione filosofica ma non si può fare a meno di accennare ad alcuni concetti che sono alla base della fisiologia del piacere, o forse dovremmo cominciare a chiamarlo col suo vero nome che, più che piacere, termine che rimanda ad un qualcosa di periferico, legato a semplici attivazioni neuronali, sarebbe più corretto indicare come “gratificazione”: una sorta di piacere più profondo, complesso, appagante. Per ottenere l’attivazione dei recettori delle aree deputate alla gratificazione gli organismi producono neurotrasmettitori chiamati endorfine. Questo meccanismo creato dalla natura per indurre gli animali ad accoppiarsi, ad allevare la prole, a ricercare e consumare il cibo per sostentarsi nel caso della specie umana, ma forse anche negli animali, finisce per procurare lo stesso effetto anche in altre situazioni. È a questo punto che si verrebbe a creare un fenomeno nuovo nell’universo della vita. Avendo gli esseri umani acquisito la capacità di modificare consapevolmente la materia a proprio vantaggio, questi hanno cominciato a soddisfare la propria voglia di gratificazione con modalità sempre più scollegate da quelle ancestrali rischiando di arrivare addirittura a sacrificare queste ultime. È in corso quindi, da parte dell’uomo, un inconsapevole potenziamento della propria fabbrica di endorfine attraverso situazioni che inducano una iperproduzione di tali sostanze: una vera e propria tossicodipendenza da sostanze endogene. Come se non bastasse l’uomo moderno è stato in grado di produrre sostanze che una volta introdotte nell’organismo vanno a fare le veci delle endorfine con effetti sui recettori centinaia di volte più potenti. Una felicità indotta, artificiale entra a far parte della vita degli esseri umani. Una felicità tanto più grande di quella naturale da riuscire ad annullare gli impulsi basilari legati alla vita come quello della nutrizione e della procreazione. A livello sociale tutto questo rischia di tradursi nell’isolamento dell’individuo in un piacere artificiale concentrato nel proprio cervello senza alcun contatto con la realtà esterna con la conseguente rinuncia alla perpetrazione della vita e della specie, che continueranno a dipendere da impulsi divenuti insufficienti e non più vincolanti per il raggiungimento della gratificazione. Con l’uomo moderno o forse del futuro potremmo avere l’esaltazione dell’individuo a svantaggio della specie. Questo individuo cercherà sempre più di opporsi alla propria morte e ricercherà il piacere per se stesso senza le finalità legate agli interessi della specie. In altri termini, pur rimanendo ancora prioritario l’accoppiamento, l’uomo ha cominciato già oggi ad assumere comportamenti non più finalizzati alla sua funzione iniziale, cioè quella di preservazione del patrimonio genetico, bensì sempre più rivolti alla ricerca del piacere e della gratificazione del singolo individuo. Questo potrebbe condurre ad uno stravolgimento di tutto il sistema legato alla vita che rischierebbe di auto distruggersi in quanto questa ossessiva ricerca del piacere da parte dell’individuo viene condotta non solo a spese della specie ma anche a spese dell’ambiente, che consente la vita nelle forme più diverse. Dire che tutto questo sia sbagliato forse non è giusto: forse l’uomo del futuro proverà a rendersi indipendente dai propri geni divenendo un organismo ibrido, in grado di riparare all’infinito i danni organici procurati dal tempo e dall’usura. Potrebbe arrivare a preservare la memoria personale e a svincolarsi dalle attuali esigenze energetiche. Questo distacco dell’uomo dalla natura potrebbe anche avvenire senza forzature, semplicemente prendendo in mano le sorti della propria esistenza e della propria felicità, rinunciando alla preservazione della specie attraverso i geni e sperimentando strade nuove. Quegli uomini che oggi cominciano a nascere, almeno nello spirito, saranno solo il compimento del sogno che tutti noi nei nostri cuori coltiviamo. Non saranno molto diversi da noi: come noi si porranno al centro dell’universo con la differenza che essi probabilmente vi saranno davvero. Forse avranno sogni, emozioni e aspirazioni per noi inimmaginabili; forse avranno perso interesse per l’amore e i sentimenti. Comunque sia il destino che potrà portarli all’immortalità come all’estinzione, dipenderà forse anche da quanta della vecchia e consunta morale noi sapremo infilare nelle loro valige e chissà, forse questa nuova stirpe di uomini verrà guardata con un sorriso di ammirazione anche da Colui il quale, dopo aver posto una piccola elica in una primogenita cellula, con un leggero soffio regalò la vita ad un universo freddo ed inanimato…

Antonio Salerno



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