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Alessandro e lo “ sciur padrun da li beli brachi... verdi”

25/09/2010

Alessandro Manzoni - come é a tutti noto, in Italia ed in tutto il mondo “ di color che sanno “ anche solo per aver frequentato una scuola serale, come purtroppo, a giudicare dagli eventi, é dovuto capitare a tanti - nacque a Milano, nel lontano 1785:: un lombardo purosangue dunque. Ma ... non certo un “ padano “ !. In una storia raccontata che va “ a ritroso “, in cerca delle mitiche quanto nebulose origini celtiche o gotiche o longobarde, non può - per sua stessa dichiarazione - figurare. E non vi figura !. Eppure di eroi e di tempi eroici il nostro grande letterato parla, in versi ed in prosa, ed anche tanto ! Ma non certo in lingua celtica : non sembra proprio averne nostalgia, se va all’Arno “ a sciacquare i suoi panni “
Già solo per questo oggi, in questo particolarissimo momento storico in cui siamo costretti a vivere - che potremmo benissimo definire per molti aspetti di “ involuzione storica”, intendendo con tale espressione, secondo la ldefinizione data dal dizionario Sabatini Coletti., la regressione ( da tanti perfino agognata ! ) a uno stadio di sviluppo politico – istituzionale e culturale precedente di minor pregio sul piano della crescita civile e sociale, se tanto é stato fatto per raggiungere nuovi livelli di organizzazione territoriale e nuove forme istituzionali , Manzoni meriterebbe tutta la nostra attenzione.
Figlio d’arte ( é appena il caso di ricordare il suo nonno materno, Cesare Beccaria: uno dei personaggi di spicco del mondo culturale del secolo 17°, celeberrimo per la più avanzata visione “ dei delitti e delle pene “ ), il giovanissimo Alessandro, che vive nei circoli della più brillante cultura italiana ed europea, si lascia presto sedurre dal fascino “ dei principi morali” introdotti nella società dalla rivoluzione francese, principi che non abbandonerà mai, neanche dopo la “conversione”, quando il pessimismo esternato - derivante dalla presa d’atto della lontananza dell’uomo dal concetto e dalla pratica della giustizia, smarrita, a suo dire, nei meandri dell’egoismo umano - verrà superato almeno per gran parte con la grande fede e la speranza in una giustizia divina. E’ già da quella età che avverserà ogni forma di tirannide.
Ma é elemento di forte attualità nel mondo culturale - nonostante la più diffusa e dilagante voglia di “ padanìa “ dei suoi compaesani ( vale recuperarlo questo termine, che meglio esprime il contesto dal quale viene definitivamente espulso, quel contesto che tutto mette in ombra se non si illumina di “ celtico “ o di “ rosa celtica “ come la scuola di Adro - anche il suo europeismo e le sue personali conquiste sociali : difatti, nonostante l’ostracismo comminatole dalla “ società bene “ , raggiunse sua madre, coraggiosamente separata dal marito, a Parigi, dove ebbe modo di entrare in contatto con le correnti di pensiero più moderne del tempo Ebbe, come Foscolo, esperienze sensiste. Credette però nel rinnovamento sociale che avesse a fondamento “ la bellezza “ riposta nell’animo di ogni singolo individuo. Pur dovendo la sua formazione culturale ad istituti religiosi, non permise che il suo pensiero ne venisse condizionato, conservando questa sua indipendenza per tutta la vita : fu proprio per questa sua adesione al cattolicesimo liberale che venne dalla chiesa costantemente osteggiato.
Altra nota di attualità ( e di contrasto con l’ “ involuzione storica del fantomatico ” popolo padano “ ) fu il suo amore per l’unità più piena ed integrata dell’Italia, che testimoniò poi concretamente ed esemplarmente quando, accettata la carica di “ senatore ” ( non senatur , carica che i Celti o i Longobardi non conoscevano se non per averlo sentito dire dai Romani ) partecipò alla seduta in cui venne proclamato il “ Regno d’Italia ” e votò per il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, primo passo verso Roma, sua sede definitiva. Manzoni dunque visse intensamente il Risorgimento ed il suo espandersi ed affermarsi, e di esso fu autorevole quanto convinto rappresentante ed interprete.
L’attrazione esercitata dal Manzoni - a pieno titolo “ padano, laddove esistesse una Padania – che ci ha spinti a prediligerlo in queste brevi note, è dovuta ( ormai é chiaro ) proprio all’attualità del suo pensiero politico, pur nella consapevolezza che molte e sue idee risultano necessariamente superate. Da subito nella sua crescita venne a connotarsi per quella robusta vena morale che lo indusse all’impegno nelle lotte culturali a carattere sociale, prendendo a cuore i movimenti di rinnovamento di tale genere. Fin da giovane si batté per la libertà delle idee, avverso ad ogni forma di autoritarismo sia politico che intellettuale. Analizzando quanto realmente accadde e quanto descrive nelle sue opere, non si può non condividere la sua sfiducia nella forza morale del popolo italiano. Pensiamo all’attualità dell’anelito e dell’auspicio espresso in questi suoi splendidi versi tratti dal primo coro dell’Adelchi: “ Dagli atri muscosi, dai fori cadent,i dai boschi, dall’arse fucine stridenti, dai solchi bagnati dal servo sudor, un volgo disperso repente si desta; intende l’orecchio, solleva la testa percorso da nuovo crescente rumor. Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, qual raggio di sole da nuvoli folti, traluce dei padri la fiera virtù: ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto, si mesce e discorda lo spregio sofferto col misero orgoglio di un tempo che fu. S’aduna voglioso, si sperde tremante, per torti sentieri con passo vagante, fra tema e desire, s’avanza e ristà; e adocchia e rimira scorata e confusa de’ crudi signori la turba diffusa che fugge dai brandi, che sosta non ha”…
“ Da ragazzo - si ricorda di lui - sentì il bisogno di dare una definizione all’intelligenza “ e credette fondato concepirla “ ...principalmente... come ...la capacità di creare dei nessi”. A chi, come me, crede ancora in questa definizione spero sarà consentito di usare quelle immagini dell’Adelchi come crivello per osservare e giudicare la nostra realtà politica. Oggi il popolo della sinistra ( ma non solo ) guarda incredulo e confuso il berlusconismo procedere con decisione ...celtica ! verso lo sfascio del paese, vede i cipigli guerrieri dei suoi generali nascondersi dietro una coltre di fumose promesse, contraddette o smentite ad ogni passo da atti governativi che vanno in tutt’altra direzione, recitando comunque gli zelanti sudditi gli incipit ed i dictat del principe ( o forse meglio, del ras , date le sua attuali dichiarate predilezioni per le icone ed i modelli del momento); e quasi in cuor suo si rallegra, presagendo l’imminenza dl un crollo – dimenticando che per ben due volte ha avuto la possibilità di cambiare le cose ed evitarci tutto quanto racchiuso nel termine che definisce tale insano fenomeno, ossia il berlusconismo, colto almeno nel suo aspetto più infido e minaccioso per la democrazia e per lo stato sociale. Per ben due volte, per fare qualche concreto esempio, “ quel popolo della sinistra “ assurto ai fastigi del potere legislativo avrebbe potuto cambiare la nefasta, ormai famigerata, legge elettorale, o ancora, fare una seria legge sul conflitto d’interesse. Ricordiamo che le leggi generalmente sopravvivono , almeno per un certo tempo, agli individui che le creano o, come in questo caso, le pongono in atto per beneficiarne. Proprio per questa sua capacità di durata, ogni legge sbagliata, sorretta dall’interesse di chi ne beneficia, perpetuerà i suoi effetti perversi per un tempo imprevedibile, innescando circoli viziosi capaci di esiti persino nefasti per la vita sociale e letali per la democrazia . Una legge buona invece é quella che ostacola la pratica della cattiva politica a vantaggio della buona politica, facilitando così la selezione di coloro che vi si vorranno dedicare disinteressatamente.. Scomodando per una volta Shakespeare ( La notte dell’epifania 1,5 ) ricordiamoci che: “ l’ infermità che fa deperire i saggi, migliora, sempre gli sciocchi”.
Proprio come quel popolo descritto dal Manzoni é quella parte della nostra classe dirigente che preferiamo definire “sana” : guarda con finto silenzioso smarrimento ciò che accade intorno; si concentra sui percorsi che possono portare vantaggiosi sviluppi della propria personale carriera , si divide a tal fine in sterili ma funzionali correnti per il raggiungimento di quella mete: correnti che non basano quasi mai la loro identità su idee nuove o veramente diverse , bensì semplicemente sull’autonomia e sulla libera ( ossia feroce, senza esclusione di colpi ) concorrenza per l’accesso alle poltrone, agli incarichi, al potere. Da sempre in Italia nel cuore di ogni moderato ( concetto genialmente plastico, per la sua indecidibilità ) viene custodito un unico, grande sogno: diventare l’ago della bilancia in ogni spartizione, per poter avere tantissimo, da spartire tra pochi ( senza rischio alcuno , per carità .. ..con juisio ! come raccomanda a Pedro il cancelliere Ferrer nei Promessi Sposi) . Un vero affare, insomma, fuor di dubbio ! E nel mentre queste divisioni, artatamente mantenute in vita e moltiplicate dal sogno collettivo degli’ “aghi della bilancia” , rendono impossibile il crearsi di una grande e sana forza di governo, i nostri famelici mediatori siedono compunti sull’alto scranno per decidere quale sia la più opportuna scelta per il bene della Nazione ( ma si capisce bene quale Nazione hanno a mente ! ) nel mentre di quellla vera corrodono le fondamenta democratiche e fanno scempio delle sue grandi risorse ( natura, ambiente, giovani).
Quando si osserva il modo di fare di certe forze politiche operanti nel nostro Paese, vengono in mente le immagini terribili dei “ Talebani” che sparavano cannonate verso due statue scolpite nella montagna, due opere d’arte, due capolavori,. Al posto di quelle statue, qui da noi, si trova oggi la nostra Costituzione. Ecco che torna attuale il nostro Manzoni che fonda la sua opera sulla morale : dov’è finita quest’ultima nel mondo politico di oggi?
Egli ci offre anche un altro spunto di riflessione. Siamo persone che vivono al Sud e che amano il Sud, ma, proprio come Manzoni, patriottici e con un grande slancio europeista : necessariamente avversi, quindi, alle attuali correnti separatiste ( in breve, guardiamo all’essenza e trascuriamo le facciate). Forse dovremmo chiederci: quel sentiero del federalismo celtico - per lo studio e la comprensione del quale lo storico Giuseppe Zecchini evidenzia tre notevoli difficoltà quali : l’insofferenza a vincoli politici stabili e continui, con forti tendenze all’individualismo anarchico e volubile; l’elaborazione rudimentale e limitata del diritto pubblico e dei suoi istituti; l’informe estensione spaziale ( dalle isole britanniche fino all’Asia Minore ) e temporale ( dal VI secolo a,C. el Medioevo, frammentato in realta istituzionali che non superavano, nel migliore dei casi, l’ambito della tribù, la tuatha - che esasperato gridato ed agitato da quanti hanno ben altri fini se si considera la spinta europea all’unificazione, da dove origina? e dove conduce?
In quel quadro di vita associata contraddistinto da rapporti di tipo individuali o al più feudali – ci avverte lo studioso appena menzionato – é inutile ricercare alcuna forma di federalismo : solo nelle più remote lande del nord Europa ( nell’Irlanda e nel Galles ) in epoca prestatale celtica si registrano forme aggregativa così ridotte da concludersi, come si é detto, al massimo nella tuatha Ci separano da quelle esperienze storiche la nebulosità delle testimonianze non certo scritte ed i millenni di diversa evoluzione nella gran parte dell’Europa occidentale. Se poi ci si chiede che cosa oggi ne sollecita la riesumazione storica e persino - si pretende – culturale, fatta eccezione ( doverosa eccezione ) per la passione del conoscere, che investe ogni area ed ogni tempo del sapere, é lecito riporre tale spinta operativa, peraltro insaziabile e proteiforme, senz’altro nei recessi più profondi e più diffusi dell’animo umano, quelli bene riassunti ed espressi dal termine: egoismo.
È sicuramente giusto non condividere l’intento di tenere in vita una forma statuale assistenziale, finora maggiormente diffusa al Sud dell’Italia ( ma vi sono bene individuate ragioni storiche che l’hanno generata e scientemente, quanto interessatamente, la conservano ) una forma organizzativa socio – economica ed amministrativa divenuta gravemente anacronistica ed effettivamente intollerabile. Ma nello stesso tempo e per le stesse ragioni non si può certo credere di risolvere il problema col filo spinato. Tutti i muri e gli steccati, con maggiore o minore celerità, portano sempre ad ulteriori e più cruente divisioni. La nostra Carta costituzionale introduce idealità e modalità di intervento socio – economico ed amministrativo come “ solidarietà” e “sussidiarietà”. che bene possono e devono servire a guidare le scelte della politica : ciò che appare ormai superato o sbagliato può essere, con minore sacrificio comune, cambiato con vantaggio di tutti: non c’è bisogno, oggettivo, di ergere muri. Ma la volontà di cambiare forse non c’è mai stata, visto che il governo dei muri governa con i voti dei parlamentari del sud senza cambiare nulla, e le soluzioni mentalmente meno impegnative sono quelle che, sollecitando l’egoismo, attecchiscono meglio e più facilmente tra le masse.
Dove conduce questo percorso? È facile immaginarlo: per fino ben oltre il medio evo ! Ma anche a voler limitare questa corsa a ritroso, sicuramente alla società dei comuni o delle piccole repubbliche, spesso fra loro contrapposte ed in guerra. A questo proposito, per quell’intento produtt6ivo di stabilire dei nessi utili a presagire gli eventi futuri , vale ricordare alcuni versi, peraltro celeberrimi, tratti dal “Conte di Carmagnola” , che, con suggestivo ritmo onomatopeico, raccontano la battaglia di Maclodio ( 1427) nella quale si vedono contrapposti al duca di Milano, in lega, proprio i veneziani ed i fiorentini.
In questo passo di altissima poesia alla bellezza estetica della narrazione si unisce e si fonde la drammaticità del coro attraverso il quale viene espresso il pensiero e soprattutto il sentire dell’autore : “ s’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo: d’ambo i lati calpesto rimbomba, da cavallie da fanti il terren. Quinci spunta per l’aria un vessillo,quindi un altro s’avanza spiegato: ecco appare un drappello schierato, ecco un altro che incontro gli vien. Già di mezzo è sparito il terreno;già le spade respingon le spade; l’un dell’altro le immerge nel seno; gronda il sangue raddoppia il ferir. Chi son essi? Alle belle contrade qual ne venne straniero a far guerra? Quel è quei che ha giurato la terra- dove nacque far salva, o morir? D’una terra son tutti: un linguaggio parlan tutti: fratelli li dice lo straniero: il comune lignaggio a ogn’un d’essi dal volto traspar. Questa terra fu a tutti nutrice, questa terra di sangue ora intrisa, che natura dall’altre ha divisa, e recinta con l’alpe e col mar. Ahi! Qual d’essi il sacrilego brando- trasse il primo il fratello a ferire? Oh terror! Del conflitto esecrando – la ragione esecranda qual è? – non lo sanno: a dar morte, a morire - qui senz’ira ognun d’essi è venuto; - e venduto ad un duce venduto – con lui pugna e non chiede il perché. Ahi sventura! Ma spose non hanno, non han madri gli stolti guerrier? Perché tutte i lor cari non vanno – dall’ignobile campo a strappar? E i vegliardi che ai casti pensieri – della tomba già schiudon la mente – chè non tentan la turba furente – con prudenti pensieri placar?...”
A quanti nostri contemporanei , sicuramente conterranei, si potrebbe più saggiamente parlare con questi bellissimi versi ! Facciamolo, dunque, che forse la poesia entra più facilmente nei cuori e con amore accarezza le menti arrivando, ci auguriamo, dove i discorsi più convincenti e il buon senso non sono riusciti a giungere.
Alessandro Manzoni muore nella sua città natale, Milano - dopo una vita vissuta con sobrietà assolutamente scevra di ogni forma di ostentazione e di protagonismo - nel 1873, e dopo aver regalato, non soltanto agli italiani ma a tutta l’umanità, i passi più belli e più intensi della letteratura moderna, ed a noi il vero senso dell’italianità !
Antonio Salerno



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