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Inquinamento area industriale di Melfi: intervista a Bolognetti

11/10/2018



A pagina 2 della Gazzetta del Mezzogiorno edizione lucana di oggi c’è un lungo articolo a firma di Maurizio Bolognetti, giornalista e segretario dei radicali lucani. Da anni Bolognetti è impegnato a studiare, capire e trasmettere, tra le altre cose, cosa stia accadendo sul fronte della bonifica, (o, come dice lui, “forse sarebbe meglio dire della mancata bonifica”) dell’area industriale di Melfi. Un inquinamento conclamato che, però, non ha ancora una paternità definitiva e sul quale è necessario fare chiarezza. Una chiarezza nel nome della quale, fino ad ora, non si è certamente detto (e fatto) tutto il necessario. Ne abbiamo parlato direttamente con lui.
L’inquinamento delle matrici ambientali nella zona industriale di Melfi resta argomento appeso. Partiamo dalle ben sei missive che dalla Prefettura di Potenza sono arrivate, negli ultimi due anni, alla Regione Basilicata. Di cosa si tratta?
Per ben sei volte, tra il 2016 e il 2018, la Prefettura di Potenza chiede informazioni sulla stato delle matrici ambientali nell’area industriale di Melfi. Il 23 marzo del 2017, il Viceprefetto Zinno chiede al Comune di Melfi notizie sull’inquinamento dei siti S.A.T.A., Benteler e Snowstorm accertato tra il 2012 e il 2013. La missiva viene indirizzata per conoscenza anche alla Regione Basilicata e alla Provincia di Potenza. Il Comune di Melfi non risponde. Analoghe richieste sono inoltrate prima e dopo alla Regione e neanche la Regione ha mai risposto.
Cosa c’entra Maurizio Bolognetti in questa storia?
Io c’entrerei qualcosa perché nel 2014, con una serie di articoli, ho fatto emergere tutto nonostante quelle informazioni fossero state ‘’opportunamente secretate’’ e i cittadini della Basilicata non erano stati messi al corrente. Ho tirato fuori da qualche polveroso cassetto delle informazioni e ho posto qualche domanda, denunciando i fatti.
Quali sono?
Che Snowstorm , nel 2012 e lo ribadisce nel 2013, scrive in atti che è stata verificata una contaminazione delle matrici ambientali. Nel 2013 analoga comunicazione la fa Sistemi Sospensione Magneti Marelli e sempre nel 2013 arriva la terza comunicazione da parte di Fiat SATA. Insomma le tre società denunciano la stessa cosa: una contaminazione della falda acquifera. Ho reso note queste notizie. Dal 2014. Dopo ben 4 anni apprendiamo che la Procura della Repubblica di Potenza sta indagando su questi fatti.

A giugno 2018 arriva anche un’altra richiesta.
A giugno del 2018 arriva la richiesta dei carabinieri del NOE. In data 25 giugno i carabinieri chiedono alla Regione Basilicata di conoscere, con la massima urgenza (entro quattro giorni), quali siano i siti contaminati ricadenti nella zona industriale di San Nicola di Melfi. Con la massima puntualità, in quel caso, la Regione Basilicata risponde al NOE. Tra i siti inquinati citati dal Dipartimento Ambiente nella risposta inviata ai carabinieri il 29 giugno troviamo l’Ex Zuccherificio del Rendina (inquinamento della matrice acque sotterranee), lo Stabilimento Barilla Spa (inquinamento acque sotterranee), oltre ai già citati siti S.A.T.A., Benteler e Snowstorm.

Siamo ancora lontani dal fare chiarezza però
C’è ancora da capire perché questi terreni siano stati inquinati. E da chi. La responsabilità è solo dell’ex Fenice e dell’ex zuccherificio? Risulta evidente che l’inquinamento risalga all’inizio degli anni 2000 (se ne parla anche in un rapporto della Regione Basilicata del 2007 elaborato dalla Metapontum Agrobios).

Una bomba ecologica?
Certo. E lo sapevano tutti. Non è stato fatto niente non solo rispetto alla contaminazione di Fenice ma probabilmente nemmeno rispetto ad altre situazioni. In tutto questo quadro abbiamo scoperto, mappa alla mano, che alcuni insediamenti industriali sono stati edificati praticamente sui pozzi sterili tombati. Tra il 1982 e il 1992, infatti, nell’ambito della scaduta Concessione di coltivazione idrocarburi “Masseria Spavento”, Montedison, Edison e Selm hanno perforato nella zona industriale di Melfi ben 5 pozzi (Masseria Spavento 1, 2, 3, 4 e 6 dir) vedi foto. Sarebbe forse il caso di capire se in qualche modo queste attività di perforazione non abbiano inciso nella contaminazione di quell’area. Abbiamo la certezza che Fenice abbia inquinato, che l’ex zuccherificio del Rendina abbia inquinato ma c’è da capire da cosa derivi l’inquinamento di Sistemi Sospensione Magneti Marelli, SATA e Snowstorm.

Una situazione, quella dei pozzi inattivi, che riguarda tutta la Basilicata
In totale in Basilicata esistono 84 pozzi produttivi. Ci sono quelli produttivi, quelli produttivi ma non eroganti e quelli destinati ad altri scopi, come Costa Molina 2 destinati alla rieniezione. Per la stragrande maggioranza si tratta di pozzi chiusi, alcuni di questi sono stati perforati nel corso di tutto il secolo scorso (alcuni risalgono agli anni Venti del Novecento) per poche decine di metri. Attenzione però: accanto a questi pozzi, in una parte dell’anagrafe dei siti da bonificare, dedicata a siti sui quali potenzialmente bisognerebbe porre attenzione, poi troviamo scritto ‘da bonificare’. Vorremmo capire questo. O meglio: anche questo.

Mariapaola Vergallito



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