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La legalità anche a costo della vita: intervista a Giuseppe Antoci

11/08/2017



Giuseppe Antoci, presidente del Parco Dei Nebrodi, sfuggito per miracolo e grazie alla scorta a un attentato della mafia nel maggio dello scorso anno, e ideatore di un protocollo che porta il suo nome e che prevede l'estensione della certificazione antimafia anche alle concessioni di terreni di valore inferiore ai 150 mila euro, ha risposto alle domande de lasiritide.it.
L'intervista sarebbe dovuta avvenire già a fine luglio, ma abbiamo dovuto procrastinarla fino a ieri per l'ennesimo episodio intimidatorio di cui è stato vittima, per fortuna senza nessuna conseguenza.

Presidente Antoci, innanzitutto come sta?
Bene grazie. Andiamo avanti e combattiamo.

Cosa è successo nei giorni scorsi?
A circa una cinquantina di metri dall'ingresso della mia abitazione era stato piazzato un congegno elettronico con un'antennina che sembra non fosse collegato a nulla. Adesso stanno cercando di capire che tipo di segnale volessero dare.

Vista l'emergenza in corso, ha reputato opportuno privare il Corpo Forestale dello Stato delle competenze relative allo spegnimento degli incendi?
L'acquisizione dell'esperienza e della conoscenza del Corpo Forestale da parte dei Carabinieri può rappresentare un valore aggiunto sotto vari punti di vista. Certo, resta aperta la questione incendi, e all'autocombustione non ci crede nessuno. Sono dolosi. Questo impone un rafforzamento degli organici dei vigili del fuoco. Negli ultimi due anni i focolai accesi sono stati innumerevoli. Una lotta impari. Per cui, è necessario un maggiore spiegamento di uomini, unito alle condanne per coloro che li appiccano. Che oggi, nei casi di reati ambientali, possono arrivare fino a 15 anni di reclusione.

Gli interessi della criminalità organizzata verso i nostri Parchi naturali sono ancora forti?
Il problema, anche in Sicilia, dei Parchi in mano ai mafiosi è concreto. Noi, con il protocollo di legalità, che sta anche per diventare legge dello Stato, abbiamo inferto un colpo durissimo a "Cosa Nostra", intervenendo nei loro enormi interessi verso i fondi europei. Privarli di questi introiti è stato un grande risultato.

Lei che combatte in prima linea in nome della legalità e, per servire lo Stato, è sfuggito a un attentato, ha l'impressione, a 25 anni dalle loro morti, che gli esempi di Falcone e Borsellino siano realmente e diffusamente seguiti da chi di dovere nell'agire quotidiano, o servano solo da spunto per qualche cerimonia?
Io sono convinto che tutti noi dobbiamo raccontare, soprattutto ai giovani, un'antimafia praticata e non predicata. Questo vuol dire proseguire nel segno degli esempi dei vari Falcone, Borsellino, Chinnici e dei tanti uomini che, anche tra le forze dell'ordine, hanno perso la vita per servire lo Stato. Il miglior rispetto per queste morti è proprio l'agire contro le mafie, aggredendo i propri patrimoni e raccontando come lo si fa a beneficio soprattutto delle nuove generazioni. Noi ci stiamo riuscendo e lo stiamo spiegando. Le forze dell'ordine, grazie alle interdittive, stanno operando diversi sequestri e stanno restituendo i beni, insieme al proprio futuro, a coloro i quali erano stati sottratti dalle cosche mafiose.
I nostri ragazzi sono molto intelligenti e devono sapere che la mafia si può sconfiggere, ma per farglielo capire ed essere credibili dobbiamo mostrargli risultati. Anche per responsabilizzarli sempre di più ad avere un ruolo in questa lotta.


Cosa la spinge a proseguire nel suo impegno nonostante abbia visto la morte in faccia, rischi ogni giorno la vita e viva sotto scorta?
Vedere la morte in faccia è un'esperienza che ti segna. Io dopo il 16 maggio del 2016 (giorno dell'attentato ndr) non sono più lo stesso. E questo vale anche per la mia famiglia e per la mia scorta. Tutti noi abbiamo vissuto la follia subita da chi rischia di perdere la vita solo per aver fatto il proprio dovere. Mi fa andare avanti il pensiero che fare il proprio dovere non significhi diventare eroi o icone. Fare il proprio dovere significa fare le persone per bene; significa fare gli amministratori per bene; significa essere genitori per bene e volere bene a questa terra. Da qui dobbiamo ripartire, affinché questa normalità sia il seme da lasciare agli altri. Anche se per riuscirci si deve perdere la libertà, che è quanto di più bello si possa avere. Io non auguro a nessuno il regime di protezione cui siamo sottoposti io e la mia famiglia, perché è davvero molto pesante. Ma se tutto ciò fosse avvenuto senza buoni risultati sarebbe stato davvero un dramma. Invece, stiamo infliggendo dei colpi terribili alla mafia. E quando incontro tanta gente che non mi dice presidente vada avanti, ma mi dice presidente andiamo avanti, palesandomi questa idea del noi nella lotta alla mafia, allora mi fermo un momento a riflettere e dico: vabbè dai, ne vale la pena.


Gianfranco Aurilio
lasiritide.it



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