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Fenice: Tar boccia le prescrizioni aggiunte dalla Giunta regionale

23/03/2017



Ancora una volta, la Fenice risorge dalle sue ceneri; ceneri di rifiuti. L’inceneritore (oggi “Rendina Ambiente s.r.l.”), che domina la vallata della zona industriale di Melfi, ha avuto la meglio – ancora una volta – sulla salute umana ed ambientale. Tutto è iniziato nell’Aprile del 2014, quando la Regione Basilicata dichiarò vittoria sull’inceneritore per mezzo del rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.), che avrebbe vincolato l’azienda ad una serie di prescrizioni; ma la battaglia, sul campo del T.A.R., è stata vinta proprio dall’inceneritore, che s’è visto annullare tutte le prescrizioni contenute nell’«Allegato 2», giusto quello che la Regione s’era “premurata” di aggiungere in coda: infatti, come si legge dalla sentenza, “l’aver introdotto soltanto all’atto di adozione della ripetuta deliberazione, con l’allegato 2, modificazioni di carattere rilevante, a fronte dell’iter procedimentale già ultimato, costituirebbe violazione delle disposizioni in materia”; “posto che «le stesse modifiche sono state introdotte all'ultimo, immotivatamente, al di fuori della conferenza» [di servizi; ndr]”.
Quasi tutte le prescrizioni, dunque, sono state fatte “saltare”: viene contestata quella “che obbliga la società ricorrente, a finanziare, con un contributo annuo pari a € 100.000, e per un importo complessivo di € 300.000, uno “studio di sorveglianza ambientale e sanitaria””, e questo perché – secondo i giudici – “non si rinvengono, nel quadro normativo di riferimento, disposizioni che legittimino l’autorità competente a condizionare l’autorizzazione integrata in questione all’erogazione, da parte del ricorrente, di un oneroso contributo, quale quello di cui è questione”; “non vale – poi – il richiamo alle esigenze di tutela della “fauna, della flora e degli esseri viventi” ed al principio comunitario di precauzione. Tali considerazioni risultano essere già alla base della disciplina di riferimento e dell’allegato 1, elaborato dalla conferenza dei servizi, rispetto al quale le ulteriori “implementazioni” recate dall’allegato 2 restano sprovviste di approfondimento istruttorio e di giustificazione”. Eppure, nel 2014, l’allora Assessore all’Ambiente Aldo Berlinguer aveva parlato di uno strumento “altamente prescrittivo per la salute dei cittadini e la salvaguardia dell’ambiente”; lo stesso Sindaco di Melfi, Livio Valvano, s’era detto “ampiamente soddisfatto delle decisioni adottate”, anche in merito al “recepimento delle richieste che facevano seguito alle osservazioni formalizzate dal Comune federiciano”. Ma oggi, a distanza di tre anni durante i quali la società ha continuato ad operare e ad inquinare [si vedano le tabelle di ArpaB circa le acque sotterranee; ndr], tutto s’è ribaltato: “come volevasi dimostrare, quest’ultima sentenza del TAR Basilicata – dice piccato Nicola Abbiuso, presidente del Comitato Diritto alla Salute di Lavello – ha dato ragione a Fenice ed arriva come l’ennesima botta in testa per le popolazioni che abitano nella zona e che, da anni, si stanno battendo per la chiusura dell’impianto. La sentenza ci fa doppiamente male: anzitutto, perché – ancora una volta – un ente pubblico soccombe di fronte alle ‘proteste’ dell’inceneritore; poi, perché noi ci siamo fortemente opposti al rilascio di questa Autorizzazione, senza contare che l’azienda è coinvolta in un procedimento giudiziario, in seguito all’occultamento di dati importanti per la salute pubblica, e vi è una procedura di bonifica in atto, in quanto sito inquinato. Altro rammarico viene dal fatto che, all’indomani del rilascio dell’A.I.A., questa procedura fu dichiarata ‘inevitabile’; il tutto mentre una precedente sentenza del TAR aveva sottolineato, invece, la totale discrezionalità della classe politica regionale. Ad oggi, l’inceneritore continua a lavorare tranquillamente; comuni come Matera e Potenza continuano a conferire i loro rifiuti, con prezzi da loro stabiliti; la falda acquifera continua ad essere inquinata, mentre noi ancora aspettiamo di conoscere i dati ArpaB relativi al mese di Gennaio… forse, la politica lucana dovrebbe fare un grosso ‘mea culpa’!”.

Marialaura Garripoli



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