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Pedicini: 'La classe politica lucana sta sacrificando la propria terra' |
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23/07/2016 |
| Piernicola Pedicini, eurodeputato e portavoce del Movimento 5 Stelle al Parlamento Europeo, ha accettato di rispondere alle domande de lasiritide.it relative alla Centrale Enel del Mercure, ma non solo:
Nell'ambito dell'iniziativa 'Punto Zero' del M5S sono stati effettuati controlli sulle emissioni della Centrale del Mercure, può commentare i risultati?
«Il progetto "Puntozero" non è e non vuole essere un programma di monitoraggio in continuo sulle emissioni atmosferiche. Il punto zero scatta una istantanea dei parametri ambientali in un determinato punto e in un determinato istante temporale. Sono stati scelti, quindi, alcuni punti in cui fare le valutazioni utilizzando un rilevatore di particelle, con il quale misurare il valore di concentrazione soprattutto del Pm 10 e PM 2,5. Le misurazioni sono state effettuate a distanza di un anno in condizioni confrontabili di temperatura e umidità e in quasi totale assenza di vento, prima a centrale spenta e poi a centrale in esercizio per verificare se ci fossero state o meno variazioni sostanziali. Al momento i dati sono in fase di elaborazione».
I rilevamenti tengono conto del continuo transito, in quella zona, di mezzi pesanti?
«Non è compito del punto zero stabilire le responsabilità di un eventuale sforamento nei valori di emissione del particolato atmosferico. Il progetto si limita alla valutazione di parametri che potrebbero avere un rischio per la salute dei cittadini. Qualora i valori di tollerabilità fossero superati sarà compito degli organi deputati al controllo ambientale stabilire l'origine di tali superamenti. Quindi no, non si fa una distinzione tra particolato di origine veicolare e quello originato dalla centrale».
Lei ha parlato di riattivazione della Centrale in mancanza delle autorizzazioni Aia - Via delle regioni Calabria e Basilicata, lo conferma?
«Denunciai in una mia interrogazione alla Commissione europea che il progetto non soddisfaceva tutti i requisiti previsti dalla normativa comunitaria, nella fattispecie la valutazione dell'impatto ambientale VIA e le valutazioni di incidenza ambientale. Queste due procedure sono molto importanti in sede di pianificazione di un progetto, come una strada o una discarica, ma anche e soprattutto per l'autorizzazione delle attività di certi impianti. Senza questi strumenti non si potrebbero prevedere e valutare le conseguenze di determinati interventi o si lascerebbe ad impianti di produzione di biomasse di emettere nell’aria inquinanti senza alcun controllo. Inoltre il decreto via/aia non è mai stato pubblicato sul burc, quindi tecnicamente inesistente. Esiste una sorta di preliminare che ovviamente non è valido. Non è prevista, al momento, una nuova aia e via. Le valutazioni d'incidenza invece, sia quella della Regione Calabria che quella della Regione Basilicata, che hanno validità di 5 anni, sono scadute. Anzi, i 5 anni erano già ampiamente scaduti per entrambe le regioni all'atto dell'autorizzazione del Consigli dei Ministri».
Ritiene che la Vis sia uno strumento utile per effettuare un controllo completo sull'impatto della Centrale?
«La valutazione di impatto sanitario è certamente uno strumento molto importante per garantire il benessere complessivo degli individui e una maggiore sostenibilità ambientale. E’ uno strumento che permette di integrare e approfondire gli effetti sanitari già previsti nelle procedure di VAS e VIA e quindi fornisce un quadro più completo sulla fattibilità e sulla sostenibilità di taluni programmi o progetti. Certo questo vuol dire maggiore programmazione, coinvolgimento del settore privato e della società civile ma soprattutto maggiori finanziamenti. Se la classe politica ha a cuore la salute dei cittadini e dell’ambiente impiega tutti gli strumenti a sua disposizione. La VIS può rappresentare una risposta ideale per poter valutare l'impatto ambientale e sanitario nella valle. Con essa si potrebbe realmente valutare quali sono le conseguenze legate al funzionamento della centrale. Enel dichiara che la centrale non reca danni alla salute ed all'ambiente, ma non è certo l'ente giusto che può dichiarare ciò, considerando che grazie all'attivazione della centrale percepisce un utile. Anche l'osservatorio ambientale, finanziato da Enel, non può essere una misura obiettiva per valutare l'inquinamento prodotto dalla centrale. Sarebbe uno specchietto per le allodole: il controllato che finanzia il controllore per verificare se produce inquinamento. Va ricordato che l'osservatorio ambientale fa parte di un accordo firmato al MISE dai sostenitori dell'impianto, per ricevere le compensazioni ambientali, e se ci sono compensazioni economiche vuol dire che l'impianto inquina. Poi bisognerebbe anche capire queste compensazioni per cosa verrebbero usate. Ma è paradossale che i due comuni limitrofi all'impianto, contrari da sempre alla centrale perché ne subiscono maggiormente i danni, non hanno diritto a queste compensazioni. Ne usufruisce invece il comune di Lauria, situato nella valle del Noce, il paese dei Pittella».
Qual è l'attuale livello dei controlli ambientali in Basilicata?
«Molto scarso. Il prerequisito per avere un alto livello di controllo dei parametri ambientali è che questi ultimi dovrebbero essere effettuati da organismi terzi, in piena autonomia. Le istituzioni lucane deputate al controllo non posseggono questo elemento essenziale».
Cosa pensa della prossima implementazione dell'Osservatorio Ambientale per le verifiche sull'attività della Centrale e dell'opportunità che sia finanziato da Enel con 100 mila euro all'anno per otto anni?
«Qui mi ricollego alla precedente domanda, strumenti di controllo come gli Osservatori ambientali sono sempre utili per dare garanzie ai cittadini nei casi in cui ci sono impianti impattanti come nel caso della Centrale del Mercure. E' ovvio però che un Osservatorio ambientale deve essere autonomo e non può essere finanziato da chi deve essere controllato. Purtroppo in Basilicata questa assurda abitudine non è nuova: è stata portata avanti per anni in Val d'Agri dove era l'Eni che gestiva le centraline che effettuavano i controlli ambientali per le estrazioni petrolifere e ora si sta riproponendo per la Centrale del Mercure. Come ho già spiegato, noi diciamo no all'impianto di Laino, ma se dovesse continuare a funzionare pretenderemo in tutte le sedi che l'Osservatorio ambientale sia svincolato da qualsiasi legame con Enel e abbia una forte autonomia gestionale attraverso gli enti locali e le associazioni ambientaliste del territorio».
Cosa può dirci sulle conseguenze ambientali e sulla salute derivanti dalla combustione delle biomasse in un impianto di tali dimensioni?
«Uno dei principali problemi ambientali su grande scala, sono le elevate concentrazioni nell'aria di polveri sottili ed ultrasottili prodotte nelle varie forme di combustione. Queste polveri sono responsabili di 403.000 morti premature l’anno in UE. Quando prodotte dalla combustione di biomasse queste polveri sono anche veicolo di inquinanti organici quali idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) e diossine anche dopo la depurazione dei fumi prodotti. Gli Ipa e le diossine risultano anche presenti nelle ceneri con conseguente problematicità di un uso agricolo di tali ceneri. A queste emissioni si aggiungono quelle prodotte dal traffico di automezzi pesanti per il trasporto delle biomasse e per il ritiro e lo smaltimento delle ceneri. Gli impatti sulla salute riguardano principalmente il sistema nervoso centrale e il sistema respiratorio: asma, malattie croniche ai polmoni come il cancro, malattie cardiovascolari e danni al sistema riproduttivo».
Ha notizie di infiltrazioni delle ecomafie nel business delle biomasse?
«I mezzi d'informazione hanno denunciato il pericolo di infiltrazioni criminali, in quanto il principale fornitore delle biomasse dell'Enel è stato più volte sottoposto a provvedimenti restrittivi per la frequentazione con ambienti della malavita calabrese».
Perché la Regione Basilicata seguita a sostenere attività di così grande impatto ambientale?
«La responsabilità è tutta politica. La classe dirigente lucana ha scelto un modello di sviluppo industriale per la propria regione, che non corrisponde alla vocazione del territorio.
Questo modello non solo porta benefici a pochi ma, progressivamente, distrugge anche le risorse naturali che costituiscono la vera ricchezza per i cittadini. Evidentemente la classe politica lucana figura tra quei pochi che traggono beneficio da questa scelta, che hanno fatto anche a costo di sacrificare la loro terra e la loro gente».
Ritiene congrui i parametri comunitari di difesa ambientale e della salute rispetto ad aree protette come quella del Parco Nazionale del Pollino, nel cuore della quale è situata la Centrale Enel del Mercure?
«Le direttive europee forniscono molti strumenti legislativi per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. Purtroppo questo impianto normativo lascia agli Stati e alle Regioni la responsabilità primaria nella protezione della salute pubblica e nella conservazione dell’ambiente. Ad esempio l’articolo 6 della direttiva “Habitat” permette di sviluppare piani e progetti, come quello della Centrale del Mercure, all’interno delle aree protette purché non abbiamo incidenze significative sul sito o siano realizzati per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Questa discrezionalità lascia la possibilità di realizzare progetti impattanti sull’ambiente, che nel cuore dello splendido Parco Nazionale del Pollino non dovrebbero essere assolutamente contemplati».
Perché l'Italia non ha ancora ratificato l'accordo sul clima di Parigi?
«Il 22 Aprile 2016 a New York è stata firmata l’intesa, che impegna le 175 parti, tra cui l’Italia, a mantenere l’aumento della temperatura media mondiale al di sotto di 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali e ad aumentare la capacità di adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti del clima, promuovendo la resilienza climatica. La proposta della Commissione, presentata all’inizio di giugno 2016 è in linea con il Quadro clima ed energia 2030. Ora si devono definire nei prossimi mesi gli obiettivi degli Stati membri (INDC) impegni nazionali di riduzione delle emissioni nei settori non coperti dall’Emissions trading system (ETS), come i trasporti, l’agricoltura e l’edilizia e di fatto bisognerà rivedere gli obiettivi. Il testo infatti non fornisce una chiara road map, né obiettivi a breve termine, ma si basa completamente sulle Indc dei singoli paesi. Queste dovranno sì essere revisionate nel 2018, perché allo stato attuale mettono il mondo in una traiettoria di aumento della temperatura tra i 2,7°C e i 3,7°C. Per raggiungere il target di 1,5°C il taglio deve essere più sostanziale, tra il 70 e il 95% entro il 2050. L’Italia dovrà presentare un nuovo INDC e quindi definire la nuova Strategia Energetica Nazionale non proprio in linea con le azioni di governo (vedi sblocca Italia). Per raggiungere l’obiettivo si devono eliminare i sussidi alle fonti fossili e limitarne al minimo il loro sfruttamento».
Che effetti potrà avere questo protocollo d'intesa sulle attività in Val d'Agri e nella Valle del Mercure?
«Per raggiungere gli obiettivi del protocollo d’intese di Parigi, e raggiungere l’obiettivo di 1.5° bisogna abbandonare le fonti fossili e la produzione di energia elettrica da biomasse, questo porterà effetti positivi principalmente alle attività turistiche ed agricole in Val d'Agri e nella Valle del Mercure».
Che modello di sviluppo propone per la Basilicata e, in particolare, per la Valle del Mercure?
«L'unico modello di sviluppo possibile: quello della riscoperta della vocazione del proprio territorio, dell'agricoltura, delle tradizioni, dei prodotti locali, del turismo agroalimentare e del turismo in generale. Qualche ventennio fa si pensava che coltivare la terra fosse sinonimo di arretratezza, oggi non è più così. Oggi i giovani Europei sono intenzionati ad aprire nuove attività produttive nel settore agricolo e a metterle in diretto contatto con il mondo della cultura agroalimentare che fa tesoro delle tradizioni. I cittadini francesi, tedeschi, olandesi, sono pronti a scendere in Basilicata se questa fosse capace di organizzare un tessuto produttivo basato su prodotti locali, se vi fossero i servizi e se vi fossero percorsi enogastronomici che permettessero di gustare sapori nuovi e antichi, sentendosi al tempo stesso immersi nella terra che fu dei Greci, dei Romani, dei Longobardi, dei briganti...».
Gianfranco Aurilio
lasiritide.it
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Non con i miei soldi. Non con i nostri soldidi don Marcello CozziParlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua
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