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Casartigiani (rete imprese pz): 51 piccole imprese lucane fallite in nove mesi

22/10/2014



Sono 51 le piccole imprese lucane che nei primi nove mesi del 2014 hanno portato i libri in tribunale. Dal 2009 il totale di fallimenti raggiunge le 324 unità produttive in grande maggioranza laboratori artigiani, imprese artigiane dell’edilizia e attività commerciali. E' questa la fotografia dell'Analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata al terzo trimestre 2014, realizzata da CRIBIS D&B, la societa' del Gruppo CRIF specializzata nella business information, che – commenta Ciro Spera, presidente provinciale di Potenza di Casartigiani (che insieme a Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti aderisce a Rete Imprese Italia della provincia di Potenza) – rilancia l’allarme sulle sorti del nostro comparto. Analizzando il numero di fallimenti registrati nel corso nel terzo trimestre degli ultimi anni, si evidenzia il trend di aumento costante con il commercio e l'artigianato edile quali macrosettori piu' colpiti nei primi nove mesi del 2014: il primo macrosettore ha infatti registrato in totale 3.340 fallimenti, mentre il secondo 3.022.
Le piccole imprese – evidenzia Spera - sono state massacrate dalla crisi: negli ultimi cinque anni ci sono state in media 1000 chiusure ogni giorno, il reddito medio da lavoro indipendente ha registrato una diminuzione del 10% nell’ultimo biennio, nel primo semestre 2013 fallimenti e concordati sono aumentati del 12%, la pressione fiscale è ufficialmente al 44,3% del Pil ma quella “legale” su ogni euro di Pil dichiarato è già al 54%, e l’incidenza della tassazione sui profitti è al 66%, il 20% in più della media europea, mentre la burocrazia costa alle Pmi 30 miliardi di euro l’anno. E per i lavoratori autonomi, non esiste «alcuna misura di sostegno al reddito»: «gli artigiani e i commercianti non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di cassaintegrazione o mobilità». È stato proprio il Censis a seguire attentamente per decenni l’evoluzione del piccolo imprenditore, la “cetomedizzazione” dell’Italia. Da un sondaggio Demos-Coop è emerso che in 6 anni la percentuale di chi si “sente” ceto medio è passata dal 60 al 40% degli italiani. Eppure il terziario è ancora l’ossatura di questo paese e chi governa non può non tenerne conto: «Il 72% del Pil lo fa il terziario: l’artigianato, il commercio, il trasporto, i servizi, molto spesso si tratta anche di imprese di altissima tecnologia. Le nuove politiche economiche dovrebbero essere centrate su tutto quello che può far risollevare la piccola e media impresa, senza limitarsi all’export, ma pensando anche al mercato interno».



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